Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956.

Ricorso n. 22 depositato il 17 febbraio 2005 del Presidente del Consiglio dei Ministri, difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi l2, Roma nei confronti della Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimità costituzionale della legge regionale n. 45 del 13 dicembre 2004, n. 45 (BUR n. 39 del 17 dicembre 2004 , Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico, negli articoli 7.3, 9, 11, 12, 15.3, 16.5, 17.7.

*********

In materia di inquinamento elettromagnetico codesta Corte si è già espressa in più di un’occasione individuando i principi fondamentali, introdotti dalla legge quadro n. 36/2001, ai quali le Regioni si debbono attenere nella loro legislazione.

Le legge quadro ha fissato diversi standard di protezione dall’inquinamento elettromagnetico: limiti di esposizione, definiti come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, che non debbono essere superati in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per assicurare la tutela della salute; valori di attenzione, intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine, negli ambienti abitativi e scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate; obiettivi di qualità, a loro volta distinti in valori di campo “ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione” ed in una seconda categoria, di natura eterogenea (art. 3), determinati con criteri localizzativi.

Codesta Corte, affrontando espressamente la questione, ha ritenuto che “la legge attribuisce allo Stato la determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità del primo dei due tipi indicati” (sent. n. 307/03).

La ratio dei valori-soglia è complessa.

“Da un lato... si tratta effettivamente di proteggere la salute della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni elettromagnetiche...; dall’altro, si tratta di consentire, anche attraverso la fissazione di soglie diverse in relazione ai tipi di esposizione, ma uniformi sul territorio nazionale, e la graduazione nel tempo degli obiettivi di qualità espressi come valori di campo, la realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti ad elevati interessi nazionali, sottesi alle competenze concorrenti di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione. In sostanza, la fissazione a livello nazionale dei valori-soglia, non derogabili dalla Regioni nemmeno in senso restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio tra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese, nella logica per cui la competenza delle Regioni in materia di trasporto dell’energia e di ordinamento della comunicazione è di tipo concorrente, vincolata ai principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato”.

Partendo da queste premesse normative, acquisite definitivamente, vanno esaminate le norme regionali impugnate.

Art. 7.3

Vi sono disposti divieti generalizzati di localizzazione di impianti per l’emittenza radio e televisiva, fondati sulla destinazione delle aree negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica indipendentemente dal raggiungimento dei valori-soglia.

Codesta Corte, nella sentenza richiamata, nel dichiarare costituzionalmente illegittime disposizioni che richiedono limiti di esposizione inferiori a quelli fissati dalla legge statale, in quanto principi fondamentali, ha anche precisato che, nell’esercizio delle loro competenze, le Regioni e gli enti locali possono regolare l’uso del proprio territorio,” purchè, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustamente l’insediamento degli stessi”.

A maggior ragione vengono ad essere costituzionalmente illegittime norme che, in via preventiva ed astratta, come l’art. 7.3, precludono la localizzazione degli impianti, indipendentemente dal raggiungimento o dal superamento dei valori-soglia, perché contrari alla logica della legge che “è quella di affidare allo Stato la fissazione di “soglie” di esposizioni, alle Regioni la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioè le ulteriori misure e prescrizioni dirette a ridurre il più possibile l’impatto negativo degli impianti sul territorio”.

(E’ singolare la formulazione della legge che investe la Giunta di una competenza a disporre divieti... introdotti dalla legge stessa).

Vengono ad essere illegittimi di conseguenza, gli artt. 9, 11, 12 e 15: l’art. 9 in quanto prevede che le autorizzazioni all’installazione siano rilasciate “in conformità con la pianificazione urbanistica comunale aggiornata ai sensi della presente legge” ed in quanto prevede che l’autorizzazione in via transitoria viene rilasciata dal Comune su parere favorevole del Comitato provinciale per l’emittenza radio e televisiva; l’art. 11, in quanto disciplina il procedimento di rilascio dell’autorizzazione tenendo conto dei divieti di cui all’art. 9; l’art. 12, in quanto, dopo aver introdotto il divieto di nuovi impianti in certe aree in considerazione della loro destinazione urbanistica, rende applicabili “le condizioni generali previste all’art. 7” anche agli impianti fissi di telefonia mobile; l’art. 15.3, in quanto, dopo aver confermato il rispetto dei limiti di esposizione portati dalla normativa statale, estende il divieto di cui all’art. 12 agli impianti mobili di telefonia mobile.

Art. 16.5

Nelle aree soggette a vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti territoriali e urbanistici a tutela degli interessi storici, artistici, architettonici, paesistici ed ambientali, il parere favorevole della Regione è condizionato al fatto che nel territorio vincolato l’elettrodotto corra in cavo sotterraneo e siano previste, in fase di progettazione, particolari misure onde evitare danni irreparabili ai valori paesaggistici ed ambientali.

La norma è illegittima sotto diversi punti di vista.

Come codesta Corte ha chiarito in diverse occasioni (v. in particolare sentenze nn. 94/03 e 9/04) è tutela “ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali”; è gestione “ogni attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela”; è valorizzazione “ogni attività diretta a migliorare le condizioni dì conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementare la fruizione”.

La norma regionale crea un vincolo diretto per certe aree, da determinarsi non per le loro qualità, ma in funzione della tutela di interessi, per i quali non sono indicati gli elementi di individuazione.

Non è nemmeno indicato il criterio per l’identificazione degli interessi tutelati, vale a dire se siano soltanto quelli definiti come tali nel d.lgs; 22 gennaio 2004, n. 41 o se siano anche quelli che trovano il loro riconoscimento soltanto negli strumenti urbanistici.

La genericità e la eterogeneità delle aree alle quali la norma è applicabile e la mancata identificazione degli interessi, a tutela dei quali la disposizione vincolistica dovrebbe operare, sono tali da poter pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di trasmissione e distribuzione di energia elettrica (in questo senso si è già pronunciata codesta Corte sempre con la sentenza n. 307/03).

Le modalità di costruzione, imposte in via generale ed astratta, senza tenere conto delle situazioni dei luoghi in cui si dovrà operare, potrebbero, infatti, pregiudicare la realizzazione delle reti o, comunque, la loro efficienza.

Inoltre, secondo i principi fissati negli artt. 1.1, lett.c) e 5 della legge n. 36/2001, è riservata alla competenza esclusiva dello Stato la “apposizione di vincolo, diretto o indiretto, di interesse storico o artistico e vigilanza sui beni vincolati” (sentenza di codesta Corte n. 94(2003).

La Regione, pertanto, ha esercitato la sua potestà legislativa su di una materia che non gli compete, finendo con il pregiudicare un interesse, la cui tutela è rimessa allo Stato, e che deve trovare il suo coordinamento con altri interessi collaterali senza che questi ultimi prevalgano, pregiudicandolo.

Art. 17.7

Nell’art. 9 della legge n. 36/2001 sono fissati i principi fondamentali sul risanamento degli elettrodotti attraverso il richiamo dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e dei obiettivi di qualità, la cui determinazione è di competenza dello Stato.

Codesta Corte ne ha riconosciuto la inderogabilità con la conseguente impossibilità per le Regioni di derogarli, nemmeno in senso più restrittivo perché essi, come si è visto, costituiscono il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte, punto di equilibrio che deve essere conservato su tutto il territorio nazionale.

L’art. 17.7 contrasta con questi principi sotto diversi punti di vista.

Anche questa volta per la genericità e l’indeterminatezza della norma, che si riferisce, da un lato, ai centri abitati e alla aree “soggette a vincoli imposti da leggi statali e regionali”, senza che sia indicata la natura dei vincoli, e, dall’altro, agli insediamenti produttivi, turistico-ricettivi, scolastici e sanitari, dovunque collocati, anche se al di fuori dei centri abitati.

Stabilendo poi una distanza fissa di 500 metri, qualunque sia la natura e la conformazione dei luoghi, in caso di una pluralità di impianti a distanza tra di loro a non più di 1000 metri, la delocalizzazione potrebbe diventare impossibile, costringendo non a delocalizzare gli impianti preesistenti, ma a costruirne di nuovi.

Viene introdotto, inoltre, come parametro la distanza in luogo dei valori di attenzione, la cui determinazione, come si è visto, è riservata allo Stato.

La eterogeneità delle categorie degli immobili rispetto ai quali è stato previsto il limite di distanza, senza nemmeno tenere in alcun conto la potenza degli impianti, rende evidente che si è sicuramente al di fuori degli standard urbanistici di competenza della Regione, con un pregiudizio evidente per l’interesse alla realizzazione delle reti di trasmissione, la cui tutela è rimessa allo Stato.

***********

Per queste ragioni

si conclude

perché gli articoli 7.3, 9, 11, 12, 15.3, 16.5 e 17.7 della legge della Regione Abruzzo n. 45 del 13 dicembre 2004 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Ancona, 12 febbraio 2005

Vice Avvocato Generale dello Stato

Glauco Nori