Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956

Ricorso n. 17 depositato il 5 febbraio 2005

per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato,

e nei confronti

della Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente della Giunta,

avverso

la legge regionale 13 dicembre 2004 n. 42, (eccettuato il comma l dell'art. 1), in materia di elezioni regionali, pubblicata nel Boll. Uff. n. 39 bis del 17 dicembre 2004, con “errata corrige” pubblicato nel Boll. Uff. n. l del 7 gennaio 2005,

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La determinazione di proposizione del presente ricorso è stata approvata dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 28 gennaio 2005 (si depositerà estratto del relativo verbale).

La regione Abruzzo non ha un "nuovo" Statuto vigente (un testo è stato portato all'esame di codesta Corte). Quindi la potestà legislativa prevista dall'art. 22 comma primo Cost. incontra, oltre ai limiti determinati dai principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, anche i limiti derivanti da “riserve di Statuto” (quale ad esempio quelle posta dall’art. 122 comma quinto Cost.) e dagli insegnamenti dati da codesta Corte nella sentenza 5 giugno 2003 n. 196 (in particolare nel par. 4 di essa).

La legge regionale in esame, il cui obiettivo pratico appare costituito dalla sostanziale soppressione del cosidetto “listino” regionale, palesemente non osserva detti limiti, e quindi contrasta con gli artt. 122 e 123 Cost. (nel testo vigente) e con l’art. 5 della legge cost. 22 novembre 1999 n. 1, nonchè con i principi fondamentali della legislazione statale in materia.

La legge è, per di più, affetta da oscurità tecniche e da qualche interna contraddizione, le quali ne renderebbero comunque problematica l'applicazione concreta. Né appare agevole “ritagliare” le disposizioni costituzionalmente illegittime da altre che potrebbero essere tollerabili: anche le disposizioni apparentemente “di dettaglio” e procedurali in realtà sostituiscono norme previgenti al fine di adeguare la disciplina alle nuove disposizioni sostanziali e “di sistema” che il Consiglio regionale uscente ha ritenuto di introdurre. Pertanto, si rende necessario sottoporre a scrutinio l'intera legge regionale, con la sola eccezione del comma 4 bis aggiunto dall' art. 1 comma 1 di essa.

Agevole è rilevare che più disposizioni violano la “riserva di Statuto”. Anzitutto, l'art. 1 quater inserito nella legge regionale Abruzzo 19 marzo 2002 n. 1 (già scrutinata da codesta Corte nella citata sentenza) dall'art. l comma 3 della legge in esame contrasta con il già rammentato esplicito art. 122 comma quinto Cost.. E all'art. l quater citato sono strettamente collegate molte altre disposizioni della legge in esame incentrate sulla figura del candidato Presidente: ad esempio, l'art. l comma 4 che inserisce l'art. 1 quinquies nella legge regionale n. 1 del 2002 citata, l'art. 1 comma 2 che inserisce nell' anzidetta legge regionale l'art. 1 ter, l'art. 2 commi 1 e 2, ove pure si parla di collegamento ad un candidato Presidente, l'art. 2 comma 7 che inserisce un art. 15 ter nella legge n. 108 del 1968. Ovviamente le considerazioni che precedono sono assorbenti.

Anche la disposizione introdotta dall' art. 3 comma 2 della legge in esame, sostitutiva dell' art. 16 bis della citata legge del 1968, appare norma sostanzialmente statutaria.

Parecchie disposizioni della legge in esame certamente non possono essere qualificate “di dettaglio” e procedurali, e perciò contrastano con i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale e con gli insegnamenti di codesta Corte. Così, il già menzionato art. 1 comma 4, ove tra l'altro è disposto “il venti per cento dei seggi è assegnato con il premio di maggioranza”; a tale disposizione si collega strettamente l'art. 2 comma 6, che indirettamente inserisce nella legge del 1968 un art. 15 bis. Così, inoltre le più disposizioni che, anche al fine pratico di non più consentire la lista regionale, enfatizzano la rilevanza e la rappresentazione persino grafica delle “coalizioni di liste”, e pervengono al paradossale inserimento del candidato Presidente come “capolista” di tutte le liste coalizzate.

Quest'ultima considerazione può aprire la serie delle palesi irrazionalità, dovute ad errori o forse a sviste. L'art. 1 quater inserito dall' art. 1 comma 3 della legge in esame, al comma 4 recita “delle quali (liste o coalizioni di liste collegate) è rispettivamente capo lista e capo della coalizione". Un candidato Presidente non può essere capolista in più liste, per la semplice ragione, che, per principio fondamentale, una stessa persona non può presentarsi in più liste; principio riconosciuto del resto nel comma 1 lettera f) dell'art. 3 ter inserito dall'art. 2 comma 2 della legge in esame.

L'art. 3 quater inserito nella legge del 1968 dall' art. 2 comma 3 della legge in esame, al comma 5 conferma la possibilità -per l'elettore -del voto "disgiunto". Però, l'art. 3 sexies che ambirebbe sostituire l' art. 15 della legge del 1968, nel comma 4 lettera c) di tale art. 15 “novellato” recita “individua il candidato Presidente che ha conseguito la maggiore cifra elettorale regionale, sommando le cifre elettorali individuali di ciascun candidato e quelle della lista o coalizione di liste a lui collegate". La sommatoria delle cifre elettorali delineata dalla norma in esame non considera che, per il principio del voto disgiunto, le preferenze accordate alle liste collegate ad un determinato candidato Presidente non possono automaticamente essere conteggiate a favore di quel candidato, in quanto l'elettore nella stessa scheda potrebbe aver dato il suo consenso, come appunto la legge gli consente, ad un altro candidato Presidente. La formulazione della norma è suscettibile, pertanto, di recare pregiudizio addirittura all'esercizio della sovranità popolare, vanificando la libera espressione del voto attraverso la surrettizia attribuzione della preferenza a candidato diverso da quello votato.

Per di più, nello stesso art. 15, che si vorrebbe "novellato", al comma 3 lettera b) è poco puntuale laddove non precisa come devono essere computati i “voti individuali”conseguiti da ogni candidato Presidente.

Parrebbe addirittura affetto da una svista l'art. 15 bis, che - tramite un art. 3 septies inserito nella legge reg. n. l del 2002 - l'art. 2 comma 6 della legge in esame avrebbe inserito nella legge statale del 1968. La lettera b) del comma 2 di detto art. 15 bis recita “assegna i seggi spettanti a ciascuna lista unica o a ciascun gruppo di liste della coalizione alle rispettive liste nelle singole circoscrizioni sottraendo i seggi che queste hanno già conseguito con i quozienti circoscrizionali e i voti residui e seguendo la graduatoria utilizzata per l'assegnazione dei seggi con i resti". Senonchè, i seggi da attribuire alle liste per effetto del premio di maggioranza devono essere addizionati a quelli assegnati in momento logicamente antecedente.

Ancora nel predetto art. 15 bis il comma 6 reca una norma non chiara, laddove recita “secondo le disposizioni dell'art. 15” (della legge del 1968), senza indicare i commi specifici di quel lungo articolo cui fa rinvio.

L'art. 5 della legge in esame è intitolato “disposizioni transitorie”, e però nella sostanza parrebbe -forse- disporre

l'immediata applicazione della legge stessa. Si è qui usata una formula dubitativa perché il comma 1 richiama soltanto la legge regionale n. 1 del 2002, e non anche la legge statale del 1968 modificata dall' art. 3 senza il passaggio attraverso modifiche della legge regionale n. l del 2002, e menziona soltanto gli artt. l e 2 ed alcuni commi dell'art. 3 di detta legge regionale, senza considerare che in essa sono stati inseriti gli artt. l bis, 1 ter, l quater, l quinquies, 3 bis, 3 ter, 3 quater, 3 quinquies,3 sexies, 3 septies e 3 octies, articoli che sono a sè stanti e non “integrano” i tre articoli della legge regionale n. l del 2002 menzionati.

Il comma 2 dell' art. 5 richiama, con altri, anche l'art. 8 della legge statale 23 febbraio 1995 n. 43, che però è ormai implicitamente abrogato; se lo si ritenesse ancora in vigore, esso contrasterebbe con i parametri costituzionali dinanzi evocati e con principi fondamentali della legislazione statale.

E' di tutta evidenza che l'art. 5 è di per sé sufficiente a rendere incerta la concreta applicazione della legge “sub judice” e tutto il complesso procedimento elettorale. Procedimento che deve essere disciplinato da regole certe e chiare, per il rispetto dovuto agli elettori ed alla sovranità del popolo e per la serenità dei molti chiamati a collaborare, in varie vesti, alle operazioni elettorali.

Si confida pertanto che lo stesso Consiglio regionale, con la necessaria rapidità, elimini la legge in esame.

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Al fine di assicurare la regolarità dell' imminente procedimento elettorale si chiede di sospendere la vigenza delle disposizioni sottoposte a scrutinio, disponendo anche l’abbreviazione di ogni termine del processo costituzionale.

L'affissione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali deve avvenire il 17 febbraio 2005 ai sensi dell'art. 3

comma sesto della citata legge n. 108 del 1968, poiché come notorio le elezioni regionali dovrebbero celebrarsi domenica 3 aprile 2005 e lunedì successivo; e detta affissione deve essere preceduta dalla emanazione del decreto di ripartizione dei seggi previsto dall'art. 2 comma 3 della predetta legge del 1968 e dell'art. 10 comma 2 lettera f) della legge statale 5 giugno 2003 n. 131 e del decreto di indizione delle elezioni previsto dall'art. 3 comma quarto della legge del 1968.

La pronuncia demolitoria richiesta con il presente ricorso renderebbe necessario rinnovare gli atti del procedimento elettorale. Inoltre, la pronuncia pubblicata dopo lo svolgimento delle elezioni, invaliderebbe l'intero procedimento elettorale. La sospensione ora richiesta vale anche a prevenire conflitti ulteriori, relativi a singoli atti del menzionato procedimento.

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Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio, previo accoglimento della istanza di Sospensione della vigenza delle stesse, con ogni consequenziale pronuncia.

Roma, 3 febbraio 2005

Franco Favara

Vice Avvocato Generale