Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956
Ricorso n. 103 depositato il 2
novembre 2004
per il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall' Avvocatura generale
dello Stato,
nei
confronti
della
Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente della Giunta,
avverso
la
legge regionale 11 agosto 2004 n. 26, intitolata "Intervento della Regione
Abruzzo per contrastare e prevenire il fenomeno mobbing e lo stress psico-sociale
sui luoghi di lavoro", pubblicata nel Boll. Uff. n. 23 del 27 agosto 2004.
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La
determinazione di proposizione del presente ricorso è stata approvata dal
Consiglio dei Ministri nella riunione del 15 ottobre 2004 (si depositerà
estratto del relativo verbale).
Gli
artt. 1 e 3 della legge in esame utilizzano ripetutamente l'espressione
“fenomeni afferenti lo stress psico sociale ed il mobbing nei luoghi di
lavoro" od espressioni similari, senza però darne una definizione; detti
articoli in tal modo pongono norme "in bianco", norme cioè che
rimettono ad organi amministrativi il compito ed il potere di integrare
sostanziosamente il disposto legislativo, anzi di sostituirsi al legislatore
nazionale riconosciuto competente dalla sentenza n. 359 del 2003 di codesta
Corte. Inoltre, gli artt. 2, 3, 4, e 5 della legge in esame, nel prevedere
strutture amministrative (centro di riferimento regionale, centri di ascolto
localizzati, organismo regionale tecnico -consultivo) e relative funzioni,
operano una scelta sostanziale non di competenza dei legislatori regionali con
l'attribuire preminenza agli apparati sanitari (e quindi agli amministratori
degli stessi) piuttosto che a quelli cui è affidata la tutela e sicurezza del
lavoro (non determinante è la collocazione dell'organismo tecnico -consultivo
presso la "sede" dell' Assessorato al lavoro) od a quelli competenti
per le attività produttive. Ancora, l'art. 3 comma 3 e l'art. 4 comma 3 della
legge in esame consentono ai predetti centri di riferimento e di ascolto di
"assumere" personale (parrebbe precario) di non specificata
qualificazione, con il solo limite della “dotazione finanziaria assegnata”.
Infine, la legge in esame non individua né l'ambito dello "intervento
della Regione Abruzzo" né la tipologia dei "luoghi di lavoro", e
così rende possibili ingerenze (non soltanto della Regione ma anche di
organizzazioni datoriali private o sindacali) nei rapporti di lavoro pubblico
statale, ad esempio presso un Tribunale od un Ufficio Territoriale del Governo
(per non dire del personale militarizzato), con palese invasione della
competenza di cui all' art. 117 comma secondo lettera G Cost. . Nel complesso,
la legge in esame, oltre a disattendere il citato insegnamento di codesta
Corte, omette di considerare la pluralità degli interessi generali (anche
privati) compresenti e la necessità di reperire un difficile e delicato
equilibrio tra essi, crea uno strumento pervasivo e di non garantita neutralità
per "interventi" nei rapporti contrattuali di lavoro e nelle attività
imprenditoriali e delle pubbliche amministrazioni, ed inoltre introduce una
disciplina “territorialmente differenziata” in assenza di principi, fondamentali
unificanti.
La
legge in esame contrasta dunque anzitutto con l'art. 117 comma secondo lettere
G ed L (ordinamento civile), con l'art. 118 comma primo Cost., e con la
sentenza n. 359 del 2003 citata. Del parametro di cui alla predetta lettera G
si è già detto. Vistoso il contrasto con la riserva allo Stato della produzione
legislativa in materia di ordinamento civile: la legge in esame incide sui
rapporti civilistici interpersonali, non soltanto di lavoro e di impresa, e per
di più incide su essi in modo imprevedibile, in assenza di una definizione
delle tipologie dei “fenomeni” considerati; “fenomeni” che in pratica
inevitabilmente si tramutano in fattispecie di illecito contrattuale.
La
legge in esame contrasta inoltre con l'art. 117 comma terzo Cost. (tutela della
salute, tutela e sicurezza del lavoro), non essendo ricollegata a
"principi fondamentali" posti dal Parlamento nazionale, al quale è
riservato il compito di definire il mobbing e lo stress psico-sociale, di
reperire un appropriato equilibrio tra i più interessi compresenti, ed anche di
disegnare il quadro degli strumenti organizzatori e delle relative funzioni.
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Si
chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimità costituzionale della legge
sottoposta a giudizio, con ogni consequenziale pronuncia.
Roma,
20 ottobre 2004
vice avvocato generale
Franca Favara