Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956

Ricorso n. 100 depositato il 21 ottobre 2004

del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliato

nei confronti

della Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta Regionale

per la dichiarazione di illegittimità costituzionale

della legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004 n. 23, pubblicata nel B.U.R n. 22 del 20 agosto 2004 n. 22, recante "norme sui servizi pubblici locali a rilevanza economica" nell'art.4, comma 4, nell'art. 7, comma 4 lett. b), nell’art 7, comma 1 lett. b), nell’art 7, comma 4 lett. d), nell’art. 7, comma 4 lett. f), nell’art 7, comma 4, lett.g), in relazione all'art. 3, all’art. 117, comma 1, comma secondo lett. e), lett. l) e lett. p), comma terzo, della Costituzione ed in relazione agli artt. 52-58 e 59-66 del Trattato dell’Unione Europea

La legge 23/2004 della Regione Abruzzo detta norme per regolamentare i servizi pubblici locali a rilevanza economica, attinenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani, al servizio idrico integrato ed ai servizi di trasporto pubblico locale, con riferimento, in particolare, alla proprietà ed alla gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, alla loro separazione dalla gestione del servizio, al sistema di affidamento del servizio e di scelta del soggetto gestore. Materia che, per quanto concerne la tutela della concorrenza, riservata dall' art. 117, comma 2 lett. e) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, forma oggetto di disciplina da parte dell' art. 113 Dlgs. 267/2000, Testo Unico delle Leggi sull' ordinamento degli Enti Locali (come modificato da ultimo dall' art. 14 del D.L. 269/03, convertito con modifiche dalla L. 326/03), da considerare norma di principio non derogabile da norme regionali (sent. 272/04).

Tale legge, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 8 ottobre 2004, viene impugnata nelle sottoindicate disposizioni.

1)   Art. 4, comma 4

Art. 7, comma 4 lett. b)

La disposizione dell'art. 4, comma 4, vieta alle società a capitale interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate) proprietarie di reti, di impianti, di dotazioni patrimoniali e di beni essenziali all' espletamento di un servizio pubblico locale, di partecipare alle gare di cui all'art. 13, Comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.) per la scelta del soggetto gestore del servizio ovvero per la scelta del socio privato delle società a capitale misto.

A sua volta l'art. 7; comma 4 lett. b), vieta alle società a capitale interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate) affidatarie dirette della gestione (in ipotesi anche integrata) del servizio, di partecipare alle dette gare per la scelta del soggetto gestore del servizio e per la scelta del socio privato delle società a capitale misto.

Tuttavia, ai sensi del comma 15 quater dell' art. 113 del T.U.E.L., non opera sino al 31-12-06 l'identico divieto previsto dal Comma 6 per le società che gestiscono servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica nonché per le società a capitale interamente pubblico affidatarie dirette della gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali ovvero per le imprese titolari di tale gestione a seguito di procedure ad evidenza pubblica.

Ne discende che l'immediato divieto, impeditivo dell'esercizio di un' attività economica sul territorio abruzzese, contrasta con l'unicità del mercato, che giustifica la disciplina uniforme della legge statale, "specializzandone" un segmento corrispondente all'area geografica anzidetta e si pone in violazione dell'articolo 117, Comma 2, lettera e), Cost., che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza; ciò anche con riguardo all'estensione soggettiva del divieto operata dal comma 4 dell'art. 4 in esame, che, attraverso il richiamo al comma 1 dello stesso articolo, si riferisce alle società proprietarie delle reti ecc. anziché (solo) a quelle titolari della relativa gestione (cfr. Comma 6 ultima parte dell'art. 113 T.U.E.L. in riferimento al precedente coma 4).

Per altro verso, irragionevolmente, in un contesto di mutato regime delle gare e delle modalità di gestione e conferimento dei servizi, le norme in oggetto vengono a negare l'esigenza di una disciplina transitoria riconosciuta invece dalla legge statale, così violando uno dei canoni fondamentali di cui all' art. 3 Cost.

2) Art. 7, comma 1 lett. b)

La norma in oggetto prevede un limite minimo (40% del capitale sociale) per la partecipazione azionaria del socio privato, da scegliere con procedura ad evidenza pubblica, della società mista cui può essere conferita la titolarità della gestione del servizio pubblico a rilevanza economica.

Tale limitazione, non contemplata dal corrispondente art. 113, comma 5, lett. b) del T.U.E.L., appare irrazionale e quindi in contrasto con l'art. 3 Cost. in quanto fissa un limite minimo anziché fissare, caso mai, un limite massimo alla partecipazione privata per assicurare la prevalenza del capitale pubblico in società privilegiate nell'affidamento delle gestioni.

Essa è suscettibile inoltre di alterare il regime di libero mercato e contrasta comunque con la scelta del legislatore statale di non fissare un limite alla partecipazione del socio privato al fine di potersi assicurare anche apporti di non elevato rilievo finanziario da parte di soggetti in possesso peraltro della necessaria capacità tecnica, così violando sia la competenza statale alla determinazione dei principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3), sia la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza (art. 117, comma 2 lett. e).

3) Art. 7, comma 4, lett. d)

La norma fa divieto alle società a capitale interamente pubblico, affidatarie dirette della gestione del servizio pubblico, di conferire incarichi professionali, di collaborazione e di qualsiasi altro genere in favore di persone e/o società legate da rapporti di dipendenza e/o di collaborazione con l'ente o gli enti titolari del capitale sociale, come tali obbligati ad esercitare sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

In quanto essa intenda ricondurre alla trasgressione del divieto la nullità dell'atto costitutivo del rapporto vietato, è profilabile un’invasione della competenza in materia di ordinamento civile spettante in via esclusiva allo Stato (art. 117, comma 2, lett. l). La violazione dell'anzidetta competenza può anche rilevarsi nella circostanza che la norma in oggetto, se da un lato viene ad incidere sull' autonomia delle società di diritto privato, dall' altro viene nella sostanza a configurare delle incompatibilità nell' esercizio della professione che attengono ugualmente al piano dell'ordinamento civile. Può anche profilarsi un contrasto con i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di cui agli artt. 52-58 e 59-66 del Trattato dell'unione Europea, con violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.

4) Art. 7, comma 4 lett. f)

Nel prevedere che le società a capitale interamente pubblico affidatarie del servizio pubblico siano obbligate al rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per l'assunzione di personale dipendente, pone a carico di società private obblighi e oneri non previsti per l'instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato ed invade quindi la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile (art. 117, comma 2 lett. l) Cost).

5) Art. 7, comma 4, lett. g)

La norma, nel prevedere l'ineleggibilità a sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale dei Comuni e delle Province titolari del capitale sociale delle società affidatarie della gestione del servizio pubblico per i legali rappresentanti ed i componenti degli organi esecutivi delle società medesime, invade la competenza esclusiva statale di cui all' art. 117, comma 2, lett. p) Cost. in materia di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.

Si conclude pertanto perché sia dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge 5 agosto 2004 n. 23 della Regione Abruzzo nell’art. 4, comma 4, nell’art. 7, comma 4 lett. b), nell’art 7, comma 1 lett. b), nell’art 7, comma 4 lett. d), nell’art 7, comma 4 lett. f), nell’art 7, comma 4, lett. g), per le ragioni e come sopra precisato

Roma, 13 ottobre 2004

avvocato dello stato

Giorgio D’Amato