Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale
a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956

Ricorso n. 106 depositato il 10 novembre 2004

del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliato

nei confronti

della Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta Regionale

per la dichiarazione di illegittimità costituzionale

degli articoli 2 comma 3, 45, comma 3, 46, comma 2, 47 comma 2, 79, comma 2 in relazione al comma 1 lett.c), 86, comma 3 in relazione ai commi 1,2,4, dello Statuto della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il 20 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il 21 settembre 2004 (n. 144/9) pubblicato nel B.U.R. n. 101 del giorno 8 ottobre 2004, in relazione agli articoli 1,3, 117, comma 5,121,122,123,126,134 della Costituzione.

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In data 8 ottobre 2004 è stato pubblicato lo Statuto della Regione Abruzzo approvato in seconda deliberazione in data 21 settembre 2004.

Tale Statuto, in conformità della delibera del Consiglio dei Ministri in data 28 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate disposizioni non in armonia con la Costituzione e quindi in violazione dell’art. 123 di questa, come appresso specificato.

1)   Art. 2, comma 3

Secondo la norma in oggetto la Regione “partecipa all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali dello Stato.”

Tale norma, in quanto omette di riferirsi al necessario rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, la quale deve disciplinare anche le modalità di esercizio del potere sostitutivo, viola l’art. 117, comma 5, Cost. che tale limite stabilisce.

2)   Art. 45,comma 3

Dispone la norma in oggetto che “il Presidente della Giunta nel caso in cui il Consiglio sfiduci uno o più Assessori provvede alla loro sostituzione”.

Tale disposizione, che vincola giuridicamente il Presidente della Giunta ad adeguarsi alla volontà espressa dal Consiglio, non appare coerente con la scelta istituzionale della elezione a suffraggio universale diretto del vertice dell’esecutivo di cui all’art. 43, comma 2 (conforme alla previsione del comma quinto dell’art. 122 Cost.) e con le conseguenti implicazioni costituzionali inerenti all’attribuzione ad esso di forti e tipici poteri per la gestione unitaria dell’indirizzo politico e amministrativo della Regione (sent. 2/04). In particolare, ai sensi dell’art. 122, comma 5, Cost, al Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto compete lo speciale potere di nomina e revoca dei componenti della Giunta, che risulterebbe ferito e limitato dalla previsione della norma in esame, riduttiva, per tale verso, della sua figura politica rispetto a quella considerata dalla Costituzione.

3) Art. 46, comma 2

L’art. 46, dello Statuto, dopo aver previsto al comma 1 che il Presidente della Giunta si presenta nella prima seduta del Consiglio regionale per l’esposizione del programma, dispone al comma 2 che “il programma è approvato dal Consiglio regionale. Il voto contrario produce gli stessi effetti dell’approvazione della mozione di sfiducia”.

In tal modo quest’ultima disposizione stabilisce una causa di scioglimento del Consiglio regionale non considerata dall’art. 126 Cost., il quale sembra recare una tassativa previsione dei casi in cui possono realizzarsi i presupposti di operatività del meccanismo del simul stabunt simul cadent legato al sistema di elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta, non a caso espressamente richiamato dal comma 3 del ripetuto art. 126. Ogni dilatazione di quei casi viene a frustrare la finalità di assicurare stabilità alla gestione politica della Regione, che è alla base delle ricordate previsioni costituzionali.

Inoltre la disposizione non risulta coerente con la scelta istituzionale della elezione a suffragio universale e diretto del vertice dell’esecutivo di cui all’art 43, comma 2 (conforme alla previsione del comma quinto dell’art. 122 Cost.), in quanto, nel prevedere come passaggio necessario ed indispensabile la preventiva approvazione da parte del Consiglio regionale del programma di governo, instaura irragionevolmente e contraddittoriamente tra Presidente e Consiglio regionale un rapporto diverso rispetto a quello che dovrebbe discendere dall’anzidetto sistema di elezione. In dipendenza di questo, infatti, non può configurarsi un’iniziale investitura fiduciaria da parte del Consiglio rappresentativo dell’intero corpo elettorale (sent. 2/04) perché il Presidente della Giunta riceve una diretta investitura popolare.

La mancata approvazione del programma di governo, in relazione a quanto previsto dall’implicitamente richiamato art. 47, comma 2, (con impropria equiparazione all’approvazione della mozione di sfiducia e salvo quanto appresso considerato in ordine a quest’ultima disposizione), provoca come conseguenza la decadenza automatica del Presidente della Giunta e di quest’ultima (nominata entro quindici giorni dalla proclamazione dell’elezione dello stesso Presidente) senza il concorso della volontà di tali organi. Essa costituisce evento ben diverso da un giudizio eventuale e successivo su comportamenti, quale può essere l’approvazione di una nozione di sfiducia. La mancata approvazione del programma esclude infatti ab initio ed a priori la possibilità per il Presidente e la Giunta di operare per l’attuazione del programma e vanifica nella sostanza la legittimazione democratica che al Presidente deriva dalla diretta investitura della fiducia popølare, quale prevista dall’art. 122 Cost, contraddicendo la stessa razio di tale previsione pur condivisa a livello statutario.

Se la previsione della necessità di una maggioranza assoluta per l’approvazione di una specifica mozione di sfiducia va nel senso del rafforzamento della stabilità dell’esecutivo, la previsione della necessità di un’approvazione consiliare del programma per l’entrata in funzione dell’esecutivo rappresenta invece un indebolimento della posizione del Presidente della Giunta, incompatibile con la sua investitura popolare, sottoponendolo in pratica ad un’investitura di secondo grado.

Evidente l’assurdo di richiedere, dopo l’investitura da parte del popolo, l’investitura da parte dei rappresentanti del popolo.

Il che si risolverebbe in una limitazione ed anzi in una vanificazione della sovranità popolare.

Tenuto anche conto dei canoni fondamentali di coerenza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., oltre che delle ripetute previsioni degli artt. 122 e 126 Cost. nonchè dell’art. 1 Cost., la norma in esame non può dunque ritenersi in armonia con la Costituzione..

4)   Art. 4, comma 2

Secondo la norma in oggetto “l’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta comporta la decadenza della Giunta e lo scioglimento del Consiglio”.

Tale disposizione non appare in armonia con la previsione costituzionale dell’art, 126, comma 3, Cost., per la quale l’approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della Giunta e non la decadenza automatica di questo.

Ciò significa che risultano limitati, rispetto alle previsioni costituzionali, i poteri dell’esecutivo regionale. A questo, infatti, nel caso di dimissioni, sia pure dovute, compete comunque una valutazione sui tempi delle medesime e quindi dello scioglimento del Consiglio regionale, con la conseguente possibilità, anche da parte di questo, di porre in essere nel frattempo atti ritenuti necessari ed indifferibili, che non potrebbero in ogni caso sottrarsi alla verifica di legittimità costituzionale..

5)   Art. 79,comma 2, in relazione al comma 1 lett c)

Il Collegio regionale per le garanzie statutarie, organo di consulenza della Regione, “esprime pareri e rende valutazioni”, tra l’altro, sui rilievi di compatibilità con lo Statuto delle “deliberazioni legislative” sollevati da un quarto dei consiglieri regionali (art. 79, comma 1 lett. c).

Secondo la norma in oggetto “il Consiglio regionale può deliberare in senso contrario ai pareri e alle valutazioni del Collegio con motivata decisione.”

La disposizione, di significato tutt’altro che chiaro e perciò solo censurabile, si presta a letture diverse tutte costituzionalmente illegittime.

Non è chiaro in particolare:

-    se la “deliberazione legislativa” di cui al primo comma lett. c) sia ancora da adottare ed il parere del Collegio regionale per le garanzie statutarie intervenga solo su di un progetto di legge, ovvero se la “deliberazione legislativa” sia già stata adottata e quindi il parere anzidetto intervenga su di una legge già approvata;

-    se la deliberazione consiliare in senso contrario al parere e alla valutazione del Collegio regionale per le garanzie statutarie “con motivata decisione”, di cui al comma 2, consista in una motivata delibera di approvazione della legge ovvero m una motivata delibera di riapprovazione della legge, ovvero ancora se la “motivata decisione” consista in una determinazione amministrativa del Consiglio regionale che preceda o accompagni la delibera legislativa di approvazione o di riapprovazione della legge o che addirittura segua ad una legge già definitivamente approvata come condizione della sua promulgazione.

Quello che è certo è che il Collegio regionale per le garanzie statutarie, organo burocratico amministrativo estraneo al Consiglio regionale e privo di legittimazione democratica -composto da “esperti” non meglio statutariamente qualificati-, può essere coinvolto nel procedimento legislativo ove almeno un quarto dei consiglieri formuli rilievi sulla compatibilità del progetto di legge con lo Statuto.

Orbene, in tutte le ipotesi come sopra variamente configurabili, dato l’effetto giuridico che consegue comunque all’espressione dei parere e della valutazione del Collegio regionale per le garanzie regionali, risulta palese l’aggravamento dell’iter legislativo con illegittima interferenza sui poteri legislativi del Consiglio regionale e/o sui poteri di promulgazione del Presidente della Giunta e limitazione dei poteri stessi ad opera di un tale organo amministrativo.

La valutazione di incompatibilità statutaria espressa dal ripetuto organo amministrativo blocca il procedimento legislativo. Questo può proseguire ed arrivare a compimento solo in quanto il Consiglio motivi (con atto ed in forme non puntualmente precisati) in senso contrario alle valutazioni del Collegio regionale per le garanzie statutarie.

L’imposizione dell’obbligo di motivare “in senso contrario” al parere del Collegio di garanzia, limita l’esercizio della potestà legislativa da parte del Consiglio regionale, in contrasto con l’art. 121, comma 2 Cost. e viola il principio dell’irrilevanza della motivazione della norma frutto dell’attività legislativa, di natura politica e libera nei fini, non assoggettabile ad obbligo di motivazione. Può inoltre costituire, a seconda della ricostruzione interpretativa che si ritenga di dover seguire, un condizionamento dei poteri del Presidente della Giunta in violazione dell’art. 121, comma 4, Cost.

Né è chiaro se la motivazione del Consiglio regionale (organo politico) debba essere di natura tecnico giuridica, come sembrerebbe deporre il riferimento al “senso contrario” alla valutazione del Collegio di garanzia (e come avviene per i provvedimenti amministrativi assunti in difformità dell’avviso espresso dall’organo consultivo), ovvero possa essere una decisione di contenuto squisitamente politico e risolversi, quindi, nell’ovvia assunzione di responsabilità politica dell’iniziativa legislativa.

In entrambi i casi, la necessità di motivare per discostarsi dalle valutazioni del Collegio di garanzia comporta, in definitiva, “un’amministrativizzazione” della legge regionale (e del procedimento legislativo).

Neppure è chiaro se l’eventuale elusione dell’obbligo di motivazione (approvazione definitiva e/o promulgazione della legge in assenza della “motivata decisione” consiliare) comporti un vizio dell’atto legislativo, per violazione della previsione statutaria, deducibile in via principale e/o incidentale in sede costituzionale.

In quanto poi il parere del Collegio regionale per le garanzie statutarie intervenga su di una legge già definitivamente approvata, in contraddizione con la natura di organo di consulenza di questo, risulterebbe violato anche l’art. 134 Cost. in ragione dell’attribuzione ad un organo amministrativo di un sindacato di legittimità su di una legge produttivo di specifici effetti giuridici.

6)   Art. 86, comma 3, in relazione ai commi 1,2,4

L’art. 86 dello Statuto prevede (nei commi 1 e 2) che questo, dopo la seconda deliberazione, venga pubblicato nel BUR (pubblicazione notiziale) “per la decorrenza del termine di trenta giorni per l’eventuale impugnazione” dinanzi alla Corte Costituzionale e che, dopo l’inutile decorso del detto termine (ovvero, è da ritenere, dopo la reiezione dell’eventuale impugnazione[1]), venga nuovamente pubblicato (altra pubblicazione notiziale) “per la decorrenza del termine di tre mesi utile per la presentazione della richiesta di referendum popolare confermativo”. Nel comma quarto prevede poi che lo Statuto sia promulgato e pubblicato (pubblicazione necessaria per l’entrata in vigore) nel caso in cui, trascorso il termine di tre mesi, non sia stato richiesto il referendum ovvero, nel caso di richiesta di referendum, questo sia stato approvato dalla maggioranza dei voti validi.

L’eventualità che, proposta l’impugnativa per il controllo preventivo di legittimità costituzionale questo si concluda con una pronunzia di illegittimità, è considerata nel terzo comma, il quale stabilisce che “l’impugnazione sospende la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione; dopo la sentenza della Corte Costituzionale lo Statuto è riesaminato dal Consiglio regionale limitatamente alle disposizioni dichiarate illegittime per le deliberazioni consequenziali. Lo Statuto subito dopo è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.”

Dell’infelice formulazione della norma (che non fa cenno, tra l’altro, alla necessità della doppia deliberazione per l’eventuale sostituzione di disposizioni dichiarate illegittime) possono darsi diverse letture, tutte costituzionalmente incompatibili e comunque non in armonia con la Costituzione.

In una prima lettura sembrerebbe desumersi che il termine di trenta giorni per l’impugnativa, decorrente dalla prima pubblicazione notiziale, rimanga sospeso per effetto dell’impugnazione medesima e che, “subito dopo” il riesame e le nuove deliberazioni consiliari consequenziali alle intervenute dichiarazioni di illegittimità, con la successiva pubblicazione notiziale lo stesso termine riprenda a decorrere, ai fini di un’eventuale nuova impugnativa relativa a dette delibere consequenziali, per quanto ancora residui degli iniziali trenta giorni. Si avrebbe, in questo modo, una limitazione del termine entro il quale promuovere l’eventuale controllo preventivo di legittimità sulle nuove disposizioni statutarie, che sarebbe soltanto quello che, sul totale degli iniziali trenta giorni, residui dalla sospensione determinata dalla precedente impugnativa. Palese dunque l’illegittimità della norma che verrebbe a comprimere il termine per promuovere il controllo preventivo di legittimità stabilito dalla norma costituzionale (art. 123, comma 2, Cost.) o addirittura a vanificarlo se la prima impugnativa fosse stata (legittimamente) proposta nell’ultimo dei trenta giorni utili.

Nella logica seguita dai primi due comini dell’art. 86, di prevedere pubblicazioni notiziali diverse ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione e, rispettivamente, del termine per la richiesta di referendum, una seconda lettura del comma terzo dello stesso articolo porterebbe a ritenere che esso postuli addirittura un’inesplicabile esclusione della possibilità di promuovere il controllo di legittimità costituzionale sulle nuove disposizioni statutarie e che la pubblicazione notiziale successiva alle deliberazioni consequenziali ad una precedente declaratoria di illegittimità della Corte costituzionale sia finalizzata esclusivamente a far decorrere il termine per la richiesta referendaria. Questa seconda interpretazione, che conduce anch’essa alla conclusione dell’illegittimità della norma per contrasto con l’art. 123 Cost., sembra avallata dalle previsioni del comma quarto dell’art. 86, in quanto si ritenga che il termine di tre mesi ivi considerato decorra appunto dalla pubblicazione notiziale di cui all’ultima parte del terzo comma che immediatamente precede.

Una terza lettura del comma terzo dell’art. 86, secondo la quale la pubblicazione notiziale successiva alle ripetute delibere consequenziali ad un precedente annullamento in sede di giudizio di costituzionalità farebbe decorrere sia il termine per l’ulteriore controllo di legittimità costituzionale riferito a dette delibere sia il termine per la richiesta di referendum, oltre a contrastare con il rilevato collegamento topografico tra ultima parte del comma terzo e prima parte del comma quarto, evidenzierebbe un’incoerenza di sistema interna allo stesso art. 86, venendo a contraddire la regola risultante dai primi due commi che vuole ricondurre a differenti pubblicazioni notiziali la decorrenza dei diversi termini per l’iniziativa del controllo preventivo di legittimità e per la richiesta di referendum. Le varie articolazioni dell’art. 86 risponderebbero, in altre parole, a logiche diverse e contrastanti, in violazione dell’art. 3 Cost..

Non sembrerebbe infine praticabile un’ulteriore lettura, ugualmente obliteratrice del collegamento formale tra le due ripetute disposizioni ed assertiva di un salto nell’enunciato normativo, che portasse a ritenere la pubblicazione notiziale di cui all’ultima parte del comma terzo funzionale solo alla decorrenza del termine di trenta giorni per promuovere un nuovo controllo di legittimità e che il termine menzionato nella prima parte del comma quarto decorresse invece da un’ulteriore successiva pubblicazione notiziale implicitamente presupposta. Ricostruzione ostacolata dalla lettera della legge e che determinerebbe un abnorme ed irragionevole allungamento dei termini del procedimento, in violazione degli artt. 3 e 123 Cost.

Non appare comunque in armonia con la Costituzione la dissociazione degli effetti della pubblicazione notiziale dello Statuto all’interno della sua unitaria funzione di provocare l’apertura dei termini previsti dai commi secondo e terzo dell’art 123 Cost.. Dissociazione che, limitando inammissibilmente gli effetti legali dell’atto costituzionalmente considerato, costituisce il fulcro della disciplina statutaria di reiterazione di una pubblicazione notiziale di identico contenuto, per farla fungere prima come momento iniziale per il solo decorso del termine dell’iniziativa del controllo preventivo di legittimità e poi come momento iniziale per il solo termine di presentazione della richiesta di referendum.

Si conclude pertanto perché sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dello Statuto della Regione Abruzzo negli articoli 2 comma 3, 45, comma 3, 46, comma 2, 47 comma 2, 79, comma 2 in relazione al comma 1 lett. c), 86, comma 3 in relazione ai commi 1,2,4, per le ragioni e come sopra precisato

Roma, 3 novembre 2004

Avvocato dello stato

Giorgio D’Amato



[1] Ipotesi peraltro non esplicitata.