iL consiglio REGIONALE
Omissis
All’unanimità espressa con voto palese
delibera
Per le motivazioni espresse in narrativa:
1) di adottare l’allegato manuale contenente “Regole e suggerimenti per la redazione dei Testi Normativi” in sostituzione del precedente, approvato con verbale n. 42/5 del 25 novembre 1996.
Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi
Parte 1-
Linguaggio normativo
1. Brevità
del periodo pg.7
2. Stile pg.7
3. Tempi e
modi dei verbi pg.7
4. Verbi
servili pg.7
5. Forma
passiva dei verbi pg.7
6. Avverbi
di negazione pg.7
7.
Significato sintattico delle congiunzioni pg.7
8.
Congiunzioni disgiunte pg.7
9.
Congiunzioni condizionali pg.8
10.
Carattere tassativo o esemplificativo, cumulativo o
alternativo delle enumerazioni pg.8
11.
Proposizioni prive di significato normativo pg.8
12. Scelta
e uso dei termini pg.9
13.Termini
giuridici o tecnici pg.9
14.Termini
con significato diverso nel linguaggio giuridico
e in quello corrente . pg.9
15.
Definizioni pg.9
16.
Omogeneità terminologica pg.9
17.
Termini stranieri pg.9
18.
Neologismi pg.10
19.
Ripetizione di termini pg.10
20.
Previsione di adempimenti a carico di altri soggetti pg.10
Parte Il
-Scrittura dei testi normativi
21. Uso di
abbreviazioni e sigle pg.10
22.
Scrittura di sigle e abbreviazioni pg.11
23. Uso
delle lettere maiuscole pg.11
24. Nomi
di enti e organi composti da più parole pg.11
25.
Scrittura dei numeri pg.12
26. Date pg.12
27.
Citazione di partizioni di atti normativi pg.12
28. Segni
d'interpunzione e altri segni tipografici d'uso
corrente pg.12
29.
Simboli convenzionali di unità di misura e monetarie pg.14
30.
Simboli convenzionali propri di linguaggi tecnici o scientifici pg.14
31.
Citazione di testi normativi pg.14
32.
Citazione di atti non normalizzati pg.14
33.
Scrittura della citazione pg.15
34. Regole
particolari nella scrittura delle citazioni pg.15
35.
Citazione di partizioni di atti comunitari o internazionali pg.16
36.
Elementi del testo ufficiale pg.16
37.
Sommario delle rubriche pg.17
38. Titolo
dell'atto pg.17
39.
Omogeneità terminologica fra titolo e testo pg.17
40. Titolo
di atti che modificano o integrano atti previdenti pg.17
41. Titolo
di atti che attuano la normativa comunitaria o
internazionale pg.17
42.
Partizioni dell'atto di livello superiore all'articolo pg.17
43.
L'articolo pg.18
44. I
commi pg.18
45.
Partizioni interne ai commi pg.18
46.
Allegati pg.19
47.
Intestazioni degli allegati pg.19
48. Rinvio
espresso dall'articolo all'allegato pg.20
49.
Partizioni interne agli allegati pg.20
50.
Omogeneità materiale dell'atto e delle singole
partizioni. Divieto di disposizioni
intruse pg.20
51.
Sequenze delle disposizioni pg.20
Parte IV
-Riferimenti (o rinvii)
52.
Definizione di riferimento o rinvio pg.21
53.
Riferimenti interni pg.21
54.
Riferimenti a partizioni superiori all'articolo pg.21
55.
Riferimenti all'articolo o a partizioni inferiori all'articolo pg.22
56.
Riferimenti esterni pg.22
57.
Riferimenti ad atti modificati pg.22
58.
Riferimenti a testi unici misti pg.23
59.
Riferimenti ad atti antichi e difficili da reperire pg.23
Parte V
-Modifiche
60.
Definizione e uso del termine "modifica" pg.23
61. Uso dei termini sostituzione, integrazione,
abrogazione pg.23
62.
Modifiche implicite ed esplicite testuali e non testuali pg.23
63.
Modifiche esplicite testuali pg.24
64. Titolo
degli atti che modificano precedenti atti come
loro contenuto principale o esclusivo pg.24
65. Titolo
degli atti che contengono al loro interno parti che
modificano testualmente precedenti atti
pg.24
66. Titolo
degli atti che modificano atti più volte modificati pg.24
67. Atti
di consolidamento pg.24
68.
Formulazione delle disposizioni contenenti modifiche
esplicite testuali (o novelle) pg.25
69.
Numerazione degli articoli aggiuntivi e delle partizioni
aggiuntive di livello superiore
all'articolo pg.25
70.
Numerazione dei commi all'interno delle modifiche
testuali pg.26
71.
Lettere e numeri aggiuntivi pg.26
72.
Modifiche testuali contemporanee di molte disposizioni
contenute in atti non facilmente
elencabili ' pg.26
73.
Sistematica delle modifiche pg.27
74.
Abrogazioni innominate e parzialmente innominate pg.27
75.
Abrogazione espressa di atti o disposizioni pg.27
76.
Abrogazione di atti o disposizioni a termine pg.27
77.
Differenza fra abrogazione espressa e sostituzione pg.28
78.
Modifiche non testuali e abrogazione espressa pg.28
79.
Formula di abrogazione espressa finale pg.28
80.
Modifiche esplicite non testuali pg.28
81.
Preferenza per la modifica testuale rispetto a quella
non testuale pg.29
82.
Modifiche implicite pg.29
83.
Interpretazione autentiche pg.29
84.
Deroghe pg.29
85. Deroga
implicita e deroga esplicita pg.29
86. Deroga
testuale e non testuale pg.30
87.
Proroga e sospensioni pg.30
88.
Reviviscenza pg.30
89.
Delegificazione e deregolamentazione pg.31
Allegato A
-Simboli convenzionali di unità di misura
di cui al
testo Vigente dell'allegato al Decreto
del
Presidente della Repubblica 12 Agosto 1982,
n. 802
(Attuazione della direttiva n. 80/181/CEE
relativa
alle unità di misura) (paragrafo 29) pg.32
Allegato B
-Forme di citazione (paragrafo 31) pg.38
Forme di
citazione degli atti normativi
Forme di
citazione di parti di atti normativi
Forme di
citazione delle pubblicazioni ufficiali
Allegato C
-Formule per le modifiche testuali (paragrafo 68) pg.45
Allegato D
-Regole applicabili d'ufficio pg.51
Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi
PARTE I
LINGUAGGIO NORMATIVO
1. Brevità del periodo
1. Il
periodo deve essere breve e semplice. Ridurre allo stretto necessario il numero
di proposizioni contenute in un periodo.
2. Preferibilmente
la proposizione principale deve precedere le eventuali subordinate.
2. Stile
1. Non
perseguire concisione ed eleganza stilistica del testo a scapito della sua completezza
e univocità.
3. Tempi e modi dei verbi
1. Nella
formulazione dei precetti assicurare l’uniformità nell’uso dei modi e dei tempi
verbali. Di regola usare l’indicativo presente, evitando l’uso del congiuntivo
e del futuro.
4. Verbi servili
1. Evitare
l’uso di verbi servili per sottolineare l’imperatività della norma (1).
5. Forma passiva dei verbi
1. Evitare
la forma passiva (in particolare il "si" passivante) quando col suo
impiego non risulta chiaro l'agente o il destinatario cui la disposizione si
riferisce.
6. Avverbi di negazione
1. Evitare
la doppia negazione.
7. Significato sintattico delle congiunzioni
1. Esprimere
il significato sintattico delle congiunzioni in modo chiaro e univoco. In caso
di ambiguità impiegare opportuni accorgimenti linguistici.
8. Congiunzioni disgiuntive
1. Per
esprimere una relazione disgiuntiva inclusiva usare preferibilmente la parola
"o" posta fra i due termini; evitare invece la parola "e"
(che va riservata alle relazioni congiuntive: la fattispecie si realizza quando
tutti gli elementi correlati si avverano) e la espressione "e/o"(2).
2. Per
esprimere una relazione disgiuntiva esclusiva, qualora tale relazione non
risulti evidente dalla fattispecie regolata (3),
usare particolari accorgimenti quali ad esempio "o soltanto A o soltanto
B", "A o B ma non entrambi" e simili.
3. Se
la parola "o" non è sufficientemente univoca, usare formulazioni più
ampie (anche se ineleganti) per esprimere la relazione disgiuntiva in modo da
risolvere l'ambiguità.
9. Congiunzioni condizionali
1. Le
norme condizionate sono norme riconducibili alla formula "se f allora
g", dove f è la fattispecie condizionante e g la conseguenza giuridica. In
questa formula la particella "se" può essere intesa nel senso che g
consegue da f, ma può conseguire anche da altre fattispecie. Se si vuole che g
venga prodotta solo da f e non da altre fattispecie usare la formula "solo
se f, allora g" (o espressioni equivalenti).
10. Carattere tassativo o esemplificativo, cumulativo o alternativo
delle enumerazioni
1. Esprimere
chiaramente il carattere tassativo o esemplificativo, oppure il carattere
cumulativo o alternativo delle enumerazioni (4).
11. Proposizioni prive di significato normativo
1. Evitare
proposizioni prive di significato normativo, come raccomandazioni, dichiarazioni
d'intenti - diverse dalle finalità della legge -, motivazioni, previsioni,
auspici e simili.
12. Scelta e uso dei termini
1. Scegliere,
per un dato concetto, il termine che lo esprime nel modo più preciso, avuto
riguardo in primo luogo alla legislazione vigente.
2. Usare
i termini non strettamente giuridici o tecnici nella loro accezione corrente.
13. Termini giuridici o tecnici
1. Impiegare
in modo appropriato i termini attinti dal linguaggio giuridico o da un linguaggio
tecnico, tenendo conto del significato loro assegnato dalla scienza o tecnica
che li concerne.
2. In
particolare, per i termini giuridici tener conto in primo luogo del loro
significato legale desumibile dalle definizioni contenute nei codici o in altre
leggi; secondariamente, e in via subordinata, di quello attribuito dalla
giurisprudenza consolidata; in terzo luogo, e in modo ancora subordinato, dalla
dottrina prevalente.
14. Termini con significato diverso nel linguaggio giuridico e in
quello corrente
1. Se
un termine tecnico-giuridico ha un significato diverso da quello che lo stesso
termine ha nel linguaggio corrente, occorre fare in modo che dal contesto sia
chiaro in quale delle due accezioni il termine è impiegato (5).
15. Definizioni
1. Quando
un termine non ha un significato chiaro e univoco, o quando viene adoperato in
un'accezione non corrispondente a quella corrente nel linguaggio comune, nel
linguaggio giuridico o in quello tecnico, indicare, usando definizioni
appropriate, qual è il significato attribuito al termine nel testo in
questione. Quando non si pongono problemi del genere evitare le definizioni.
16. Omogeneità terminologica
1. Individuare
gli stessi concetti o istituti con denominazioni identiche nel titolo, negli articoli
e negli allegati, anche tenendo conto delle definizioni contenute nelle altre
leggi che disciplinano la materia.
2. Quando
si modificano testi superati nella terminologia o nello stile è preferibile
riformulare l'intero testo previgente usando termini più aggiornati.
17. Termini stranieri
1. Evitare
l'uso di termini stranieri, salvo che siano entrati nell'uso corrente della
lingua italiana e non abbiano termini corrispondenti in tale lingua. Se
necessario, anche per i termini stranieri fornire la definizione secondo quanto
indicato nel paragrafo 15.
2. La
parola straniera assunta nella lingua italiana è indeclinabile, salvi i casi
entrati nell'uso.
18. Neologismi
1. Evitare
neologismi non entrati nell'uso corrente della lingua italiana.
2. Se
è necessario usare tali termini, corredarli di una definizione.
19. Ripetizione di termini
1. Le
singole partizioni dell'atto (in particolare articoli e commi) sono unità autonome
del testo. La ripetizione dei termini di comma in comma o di articolo in articolo,
come pure l'uso di riferimenti normativi completi, sono utili e spesso necessari
alla comprensione del testo nonché alla sua compatibilità con modifiche o integrazioni
successive e con l'uso di sistemi informatici. Evitare, pertanto, l'uso di
pronomi personali o pronomi e aggettivi dimostrativi riferiti a termini
impiegati in altri articoli o commi (e anche nello stesso comma, se l'uso del
pronome o dell'aggettivo genera ambiguità). Ripetere invece il termine
richiamato; quand'è necessario a evitare equivoci, inoltre, ricorrere a
riferimenti interni (6).
20. Previsione di adempimenti a carico di altri
soggetti
1. Le
disposizioni che prevedono una pronuncia dell'assemblea legislativa su atti o
proposte di atti non individuano l'organo assembleare competente.
3. In
ogni caso, quando si fa riferimento a organi oppure a strutture delegificate o,
comunque, regolate da una fonte diversa per grado - o da un altro ordinamento
-, anziché chiamarli col nome completo è preferibile indicarli genericamente
come organi competenti nella materia tale.
PARTE II
SCRITTURA DEI TESTI
NORMATIVI
21. Uso di abbreviazioni e sigle
1. Evitare
le abbreviazioni consistenti nel troncamento della parte finale della parola, o
di altre parti che la compongono, con l'eccezione delle abbreviazioni ammesse
in forma normalizzata per le citazioni di testi normativi secondo quanto
previsto nel paragrafo 31 e nell'allegato B.
2. Quando
in uno stesso testo occorra ripetere più volte un'espressione la cui sigla sia
di uso corrente, dopo aver scritto nella prima citazione l'espressione per
intero seguita dalla sigla tra parentesi tonde, è consentito nel seguito del
testo usare solo la sigla al posto dell'espressione intera (7).
3. Qualora
sia necessario ripetere più volte in uno stesso testo la medesima espressione
composta, è consentita la sua sostituzione con una denominazione abbreviata, riportando
nella prima citazione l'espressione per esteso seguita dalla denominazione abbreviata
che sarà usata al suo posto, preceduta dalle parole "di seguito
denominato/a". Se possibile, la denominazione abbreviata contiene
un'indicazione sulla materia cui fa riferimento l'espressione composta, anche
per agevolarne la comprensione e la ricerca (8).
22. Scrittura di sigle e abbreviazioni
1. Le
sigle usate per designare enti, organi, programmi e simili sono assimilabili ai
nomi propri. A differenza delle abbreviazioni usate come nomi comuni (s.p.a.,
l.r.) vanno scritte con lettere maiuscole senza punti di separazione, anche per
agevolarne la ricerca informatica. Questo vale quando ogni lettera è iniziale
di una parola (ONU, ENI), e anche quando una parte della sigla non è una
semplice iniziale, ma una parola tronca (ISTAT, EURATOM).
2. L'abbreviazione di termini riportati al
plurale è identica a quella usata al singolare; basta porre al singolare o al
plurale l'articolo determinativo che li accompagna.
3. Le
abbreviazioni, quando ammesse, vanno scritte in lettere minuscole intervallate
o seguite da un punto in sostituzione delle lettere omesse (9).
23. Uso delle lettere maiuscole
1. L'uso
della maiuscola è prescritto:
a) all'inizio
del testo e dopo ogni punto fermo;
b) per
i nomi propri di persona;
c) per
i nomi propri geografici;
d) per
i nomi di enti od organi individui.
24. Nomi di enti e organi composti da più parole
1. Nei
nomi di enti od organi composti da più parole solo l'iniziale del primo
sostantivo si scrive in maiuscolo (10).
2. Nei
casi seguenti seguire i criteri indicati:
a) quando
la prima parola è un aggettivo seguito da un sostantivo entrambe iniziano con
lettera maiuscola (11);
b) quando
una denominazione ne contiene un'altra, ciascuna inizia con lettera maiuscola (12).
3. In
ogni caso all'interno di un testo seguire criteri uniformi.
25. Scrittura dei numeri
1. In
genere i numeri sono scritti in lettere salvo che siano inclusi in tabelle,
elenchi e simili (13).
2. I
capitoli di bilancio, le quantità percentuali e quelle accompagnate da unità di
misura e monetarie si scrivono in cifre. In questi casi per separare le
centinaia dalle migliaia, le migliaia dai milioni ecc., usare il punto fermo in
basso, e non in alto; per separare i numeri interi dai decimali usare la
virgola, e non il punto (14).
3. Peraltro
gli importi monetari dell'ordine di milioni o miliardi possono scriversi in
forma mista di cifre e lettere, a meno che non si allunghi troppo l'espressione
(15). Anche questa regola non si osserva
nelle tabelle in cui le espressioni numeriche si riportano sempre in cifre.
26. Date
1. Le
date si scrivono in cifre arabe, salvi i mesi e le ore che si scrivono in
lettere. Scrivere sempre l'anno con quattro cifre (16).
27. Citazione di partizioni di atti normativi
1. Per
i numeri che servono a citare partizioni di atti normativi contrassegnati da
cifre (articoli, commi numerati, numeri interni ai commi) si rinvia al
paragrafo 31 e all'allegato B.
28. Segni di interpunzione e altri segni tipografici d'uso corrente
1. Usarli
nei casi e con il significato sotto specificato:
a) punto
fermo (.):
- significato
sintattico;
- nelle
abbreviazioni di parole in luogo delle lettere omesse;
- dopo
il numero che contrassegna un comma;
b) virgola
(,):
- significato
sintattico;
c) due
punti (:):
- significato
sintattico; in particolare, dopo la parte introduttiva (alinea) di una
modificazione testuale o di una sequenza di partizioni interne ai commi;
d) punto e virgola (;):
- significato sintattico;
- alla fine delle partizioni interne di un
comma (lettere, numeri), tranne l'ultima dell'elenco o quella funzionante da
alinea.
e) punto
interrogativo (?), punto esclamativo (!):
- evitarli,
in quanto propri del discorso diretto;
f) virgolette
("…"):
- significato
sintattico;
- per
racchiudere citazioni di testi normativi; se è necessario usare le virgolette
all'interno di un testo già racchiuso da virgolette, usare i segni: ' ';
g) puntini
di sospensione (…):
- evitarli,
specie all'inizio, all'interno e alla fine di citazioni o modificazioni testuali;
h) trattino
(-):
- nella
divisione in sillabe per fine riga;
- per
unire due parole occasionalmente collegate (es. decreto-legge)
i) doppio
trattino (…-…-…):
- se
indispensabile, per delimitare una doppia parentetica, quando ce n'è già una
tra due virgole;
l) parentesi
tonde (…):
- di
regola vanno evitate; si usano per racchiudere le sigle nel caso previsto dal
paragrafo 21, comma 2, per racchiudere i titoli o le rubriche nelle citazioni
di atti normativi, per racchiudere i termini latini o stranieri che seguono
l'equivalente espressione in lingua italiana;
m) parentesi
tonda di chiusura …):
- dopo
la lettera o il numero che contrassegna una partizione interna al comma;
n) parentesi
quadre […]:
- evitarle;
o) asterisco
(*):
- di
regola evitarlo; se usato, ne va preventivamente specificato il significato;
p) sbarretta
(/):
- evitarla, tranne che nel linguaggio tecnico
e nelle forme semplificate di citazione dei testi normativi (vedi allegato B);
q) "o"
e "a" piccoli in alto a destra di numeri arabi:
- evitarli; impiegare invece il numero romano
o il numero ordinale scritto in lettere; si mantiene la scrittura 1° per
indicare il primo giorno del mese nelle date;
r) per
cento (%):
- si
usa solo in tabelle, elenchi e simili;
s) paragrafo
(§):
- evitarlo;
usare invece l'espressione "paragrafo", abbreviabile in
"par." se seguito da un numero.
29. Simboli convenzionali di unità di misura o monetarie
1. Le
unità di misura e monetarie si scrivono per esteso. E' ammesso l'uso di simboli
convenzionali all'interno di tabelle, elenchi e simili. Per l'uso e la
scrittura delle unità di misura attenersi ai simboli e alle definizioni
previste dal testo vigente del decreto del Presidente della Repubblica 12
agosto 1982, n. 802 e della legge 28 ottobre 1988, n. 473, riportati per
estratto nell'allegato A del presente testo. Per simboli e unità di misura
espressi con abbreviazioni o sigle poco note svolgere la sigla o rinviare agli
atti normativi contenenti la definizione del simbolo o dell'unità di misura
30. Simboli convenzionali propri di linguaggi tecnici o scientifici
1. Sono
ammessi quando strettamente necessari alla formulazione dei testi normativi (ad
esempio per dettare prescrizioni tecniche attraverso algoritmi matematici).
Quando non vi è accordo sul significato attribuito al simbolo o esso non è di
dominio comune, specificare preventivamente il significato attribuito nel testo
al simbolo in questione.
31. Citazione di testi normativi
1. Per
le citazioni di testi normativi italiani, comunitari, internazionali, attenersi
alle formule e ai criteri contenuti nell'allegato B1.
2. Per
le citazioni di partizioni interne agli atti normativi attenersi alle formule e
ai criteri contenuti nell'allegato B2.
3. Per
le citazioni di pubblicazioni ufficiali attenersi alle formule e ai criteri
contenuti nell'allegato B3.
4. Se
la denominazione ufficiale dell'atto non include la menzione dell'autorità che
lo ha emanato integrare la denominazione con tale menzione (17).
5. Per
individuare univocamente l'atto, quando esso non è numerato, se ne ricorda il titolo
o altri elementi sufficienti a identificarlo, come gli estremi di
pubblicazione.
6. Dare
un'indicazione sull'oggetto delle disposizioni citate, in modo da facilitare la
comprensione del rinvio. Di norma lo si fa riportando il titolo dell'atto,
quando esso è citato per la prima volta: il titolo è riportato fra parentesi
tonde, dopo la data e il numero dell'atto; in alternativa, se indicato
nell'intestazione ufficiale, è riportato il titolo breve. Se il titolo dell'atto
è troppo lungo lo si riassume. Se il titolo dell'atto non permette
d'individuare l'argomento del rinvio (ad esempio: se si rinvia a disposizioni
intruse, o a disposizioni contenute in leggi finanziarie) si indica l'oggetto
delle disposizioni citate (18).
32. Citazione di atti non normalizzati
1.
Se l'atto
citato non è stato redatto secondo i criteri qui indicati, la citazione dovrà rispettare
la sua struttura così come si presenta, seguendo però, per quanto è
possibile, i criteri formali qui indicati (ad
esempio, per quanto riguarda le minuscole e maiuscole, le abbreviazioni, le
virgole, i segni tipografici e simili).
2. Se
però la citazione di disposizioni redatte secondo criteri diversi può generare
confusione per la loro contraddittorietà con i nuovi criteri, è preferibile
usare formulazioni magari ineleganti ma inequivoche, quali ad esempio citazioni
testuali complete che cominciano con la parola iniziale e terminano con la
parola finale (compresa) della disposizione richiamata.
33. Scrittura della citazione
1. Quando
occorre citare una parte di un atto normativo (ad esempio un articolo o una
singola disposizione) contenuta in un atto diverso, o nello stesso atto in cui
si cita, menzionare, oltre all'atto, le partizioni interne che contengono tale
parte. Citare le partizioni in ordine decrescente, separandole con virgole (ad
esempio: "articolo 1, comma 2, lettera b) …"), se non quando un
ordine diverso è consigliabile per motivi particolari. Questo vale, in specie,
per le disposizioni modificative: ad esempio, se si vuole sostituire il comma 2
dell'articolo 1 bisogna usare quest'ordine - crescente -, per rendere evidente
che ad essere sostituito è il comma 2, e non l'articolo 1.
2. Per
ragioni di chiarezza, la citazione deve arrivare sino alla partizione del
livello più basso necessario per individuare la parte del testo citato.
3. Quando
si citano articoli raggruppati in partizioni di livello superiore, è superfluo
menzionare tali partizioni, poiché la numerazione degli articoli è continua nel
corso dell'atto.
4. Nei
riferimenti interni non impiegare, in luogo della citazione esatta della
partizione interna, le parole "precedente" o "successivo".
Non aggiungere alla citazione l'espressione "della presente legge" o
"del presente articolo" a meno che non vi sia ambiguità nel
riferimento, ad esempio nel caso di vicinanza di riferimenti esterni e interni.
5. Dovendo
citare partizioni di livello superiore all'articolo nella loro interezza, la
citazione va fatta in ordine decrescente, a partire dalla partizione di livello
più alto (19).
34. Regole particolari nella scrittura delle citazioni.
1. Evitare
l'espressione "ultimo/penultimo comma" o "ultimi due commi"
nonché le grafie 3º, 3ª, III quando ci si riferisce a commi (vedi anche il
paragrafo 28, comma 1, lettera q) .
2. Citare
le lettere e i numeri che contrassegnano partizioni interne ai commi usando la
denominazione "lettera" e "numero", seguita dalla lettera
dell'alfabeto o dalla cifra araba e da una parentesi tonda di chiusura.
3. Citare
la parte del comma che introduce una modifica testuale, consistente in un articolo
o in uno o più commi, lettere o numeri, con la denominazione di
"alinea".
4. La
parte del comma che contiene le modificazioni testuali (o novelle), è
denominata "capoverso" quando sostituisce o introduce un'intera
partizione interna all'articolo; se la parte novellistica comprende una
pluralità di partizioni da inserire o sostituire, esse assumono la
denominazione di "primo capoverso", "secondo capoverso",
"terzo capoverso", ecc. (20).
5. Quando
si citano commi numerati usare il numero cardinale ("comma 1").
Quando si citano commi non numerati, invece, usare il numero ordinale
("primo comma").
6. In
caso di parti del testo non contrassegnate da lettere, cifre o altre
espressioni (ad esempio allegati non numerati, frasi contraddistinte da
trattini o altri segni tipografici), la citazione va fatta usando con il numero
ordinale (ed evitando le parole "ultimo, penultimo, ultimi due" o
simili) che contraddistingue tale parte, scritta in lettere ("primo allegato",
"primo trattino", ecc.).
7. Se
le predette forme di citazione non risultano del tutto chiare o se si intende
citare parti di testo (frasi, parole, insiemi di parole) non costituenti
formalmente unità autonome nella struttura dell'atto, la citazione va fatta
riportando per esteso, tra virgolette, la parte di testo che si intende citare.
35. Citazione di partizioni di atti comunitari o internazionali
1. Quando
si citano partizioni di atti comunitari o internazionali seguire la terminologia
adoperata in tali testi.
PARTE III
STRUTTURA DELL’ATTO
NORMATIVO
36. Elementi del testo ufficiale
1. Il
testo ufficiale dell'atto normativo, sotto il profilo formale, consta dei
seguenti elementi:
a) intestazione
(che nel decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1986, n. 217, recante
il regolamento di esecuzione del testo unico n. 1092 del 1985, viene chiamato
titolo), indicante nell'ordine:
1) la
denominazione giuridica dell'atto;
2) la
data di promulgazione (o di emanazione, per gli atti non legislativi);
3) il
numero d'ordine (quando previsto);
4) il
titolo dell'atto (che nel regolamento citato è chiamato argomento);
b) formula
di promulgazione (per gli atti legislativi) o di emanazione (per gli atti non
legislativi);
c) preambolo
o premessa (per gli atti non legislativi);
d) testo
degli articoli;
e) formule
finali sulla pubblicazione e l'obbligatorietà dell'atto ("La presente
legge sarà pubblicata nel bollettino ufficiale … E' fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarla …"), che quindi non sono inserite nell'articolato, né
numerate come commi;
f) luogo
e data di promulgazione (o emanazione) e sottoscrizioni;
g) allegati
(eventuali).
2. Nelle
regole che seguono i predetti termini sono impiegati nel senso sopra specificato.
37. Sommario delle rubriche
1. Quando
un atto contiene partizioni superiori all'articolo o numerosi articoli forniti
di rubrica (cioè di un titoletto), è bene premettere al testo dell'atto un
sommario delle rubriche.
38. Titolo dell'atto
1. Di
norma il titolo dell'atto dev'essere breve.
2. Qualora
ciò non sia possibile, al titolo può seguire un secondo titolo più breve entro
parentesi tonde.
3. Il
titolo deve riguardare tutti gli argomenti principali trattati dall'atto. In
particolare, evitare sia espressioni generiche, sia semplici citazioni di date
e numeri di atti ("titoli muti").
39. Omogeneità terminologica fra titolo e testo
1. I
termini usati nel titolo devono essere identici a quelli usati nel testo degli
articoli quando si riferiscono ai medesimi oggetti.
40. Titolo di atti che modificano o integrano atti previgenti
1. Per
la redazione dei titoli di atti che modificano atti previgenti si rinvia ai
paragrafi 57, 64, 65.
41. Titolo di atti che attuano la normativa comunitaria o
internazionale
1. I
titoli degli atti che attuano norme comunitarie o internazionali devono
citarle, seguendo le regole espresse nel paragrafo 31.
42. Partizioni dell'atto di livello superiore all'articolo
1. Qualora
il testo dell'atto sia lungo e complesso esso può essere diviso in parti minori,
ciascuna contenente uno o più articoli. Le partizioni, se usate, comprendono
tutti gli articoli dell'atto.
2. Denominare
le partizioni in modo uniforme con i seguenti termini, e impiegarle secondo la
seguente gerarchia (in ordine crescente): capo (eventualmente diviso in sezioni),
titolo, parte, libro (per un elenco completo delle partizioni vedi anche
l'allegato B.2).
3. Non
usare una partizione gerarchicamente superiore se non è usata quella inferiore.
Fanno eccezione le sezioni, che sono utilizzate solo come eventuali partizioni
interne di un capo.
4. Corredare
le partizioni superiori all'articolo con una rubrica.
5. Le
partizioni dello stesso livello portano una numerazione continua all'interno di
ogni partizione immediatamente superiore. Contrassegnare ogni partizione con un
numero ordinale, scritto in cifre romane.
43. L'articolo
1. La
partizione di base del testo normativo è l'articolo. Nessuna parte del testo
normativo, tranne gli allegati, può essere esclusa dalla partizione in articoli.
2. L'articolo
dev'essere breve.
3. Evitare
di inserire in uno stesso articolo disposizioni che non siano in rapporto
diretto tra loro (21).
4. Numerare
sempre gli articoli progressivamente (salvo il caso che modifiche successive
determinino vuoti non colmati: in tal caso la numerazione originaria resta
ferma e diventa progressiva, ma non continua). Nell'intestazione gli articoli
sono contrassegnati con l'abbreviazione "Art.", seguita da uno spazio
bianco e dal numero cardinale scritto in cifre arabe; l'abbreviazione è usata
solo nelle intestazioni. Tale regola si osserva anche nel caso di un testo
costituito da un unico articolo, che pertanto è contrassegnato come "Art.
1".
5. Nell'intestazione
gli articoli, oltre al numero, recano una rubrica, evidenziata con adeguati
accorgimenti grafici.
6.
Quando si
aggiungono o sostituiscono articoli ci si conforma, quanto alla presenza o meno
di rubriche, al testo in cui gli articoli sono inseriti.
7.
Recano sempre
una rubrica gli articoli dei disegni di legge finanziaria e collegati alla
manovra finanziaria.
44. I commi
1. Ogni
articolo si divide in commi. Il comma termina con il punto a capo.
2. Ogni
comma può suddividersi in periodi, senza andare a capo. Ogni periodo termina
con il punto fermo. All'interno del comma si va a capo solo in caso di
suddivisione del testo in enumerazioni contrassegnate da lettere o numeri,
oppure dopo la parte introduttiva ("alinea") di una modifica testuale
("novella").
3. In
uno stesso articolo i commi sono contrassegnati con numeri cardinali
progressivi (salvo il caso di modifiche successive, come nell'ipotesi degli
articoli), espressi in cifre arabe, seguiti da un punto.
4. Il
comma unico di un articolo è contrassegnato con il numero "1.".
45. Partizioni interne ai commi
1. Le
partizioni interne al comma possono essere utilizzate solo per evidenziare una
serie di proposizioni di un periodo tra loro coordinate, oppure
un'enumerazione. Pertanto all'interno o al termine di tali partizioni non
possono essere introdotti nuovi periodi prima di passare al comma successivo.
Se inserire nella singola lettera frasi definitorie o simili è necessario, si
fa precedere la frase da un punto e virgola, senza andare a capo.
2. Le
partizioni interne ai commi sono contrassegnate da lettere minuscole dell'alfabeto.
La lettera è seguita dal segno destro di una parentesi tonda. Le partizioni
interne ad una lettera sono contrassegnate da un numero cardinale espresso in
cifre arabe e seguito da una parentesi. Se le lettere dell'alfabeto (comprese
j, k, w, x, y) non sono sufficienti ad esaurire l'elencazione, si prosegue a
lettere raddoppiate e se occorre triplicate (22).
3. Quando
il comma si suddivide in lettere, si va a capo dopo i due punti con cui termina
la parte introduttiva (denominata "alinea"), nonché alla fine di ogni
lettera che termina con il punto e virgola; non si va a capo all'interno di una
lettera, a meno che questa, a sua volta, non si suddivida in numeri, nel qual
caso si va a capo sia dopo l'alinea sia alla fine di ogni numero. Se necessario
la partizione prosegue nel modo seguente: 1.1; 1.2; 1.3...; 1.25, ecc.
4. L'impiego
di trattini o di altri segni per contraddistinguere partizioni interne di un
comma non è consentito.
5. Ogni
partizione inferiore comincia con un "a capo" più interno rispetto
allo "a capo" di quella superiore (23).
6. Per
quanto riguarda la continuità e progressività di lettere e numeri si osservano
gli stessi criteri validi per articoli e commi.
46. Allegati
1. Si
ricorre all'uso di allegati in presenza di testi in forma di tabelle, elenchi,
prospetti e simili, di prescrizioni tecniche lunghe e dettagliate che
altrimenti appesantirebbero il testo degli articoli, nonché di rappresentazioni
grafiche quali cartografie, disegni, ecc. Non inserire negli allegati (e in
particolare nelle loro note esplicative) disposizioni sostanziali collocabili
nell'articolato.
2. Non
inserire gli allegati nel corpo degli articoli, ma collocarli al termine
dell'articolato.
3. Si
distinguono dagli allegati propriamente detti (che integrano e completano le disposizioni
contenute nel testo degli articoli) i testi che costituiscono l'oggetto su cui
verte l'atto (atti di approvazione, autorizzazione, esecuzione e simili); tali
atti si dividono correttamente in atti che approvano o autorizzano o danno esecuzione
e simili, e atti approvati, autorizzati, eseguiti e simili (testi unici,
accordi internazionali, bilanci, piani, programmi, statuti, ecc.), i quali
hanno carattere autonomo pur essendo annessi all'atto che li contempla.
47. Intestazione degli allegati
1. Intestare
gli allegati propriamente detti con la denominazione "Allegato" e
contraddistinguerli con una lettera maiuscola.
2. Corredarli
inoltre con una rubrica che indichi il contenuto dell'allegato e, tra parentesi,
la disposizione dell'atto che fa rinvio all'allegato stesso.
3. Quando
l'allegato è in forma di tabella è possibile usare, per contraddistinguerlo, la
parola "Tabella" anziché "Allegato".
48. Rinvio espresso dall'articolo all'allegato.
1. Il
testo dell'articolo cui è collegato oggettivamente l'allegato deve contenere un
rinvio espresso all'allegato o agli allegati.
49. Partizioni interne agli allegati.
1. La
partizione interna degli allegati deve consentire con chiarezza la citazione
delle singole parti in cui si suddivide l'allegato.
50. Omogeneità materiale dell'atto e delle singole partizioni.
Divieto di disposizioni intruse.
1. La
materia delle disposizioni contenute nell'atto deve essere omogenea.
2. Evitare
disposizioni riguardanti materie del tutto estranee a quella dell'atto nel suo
complesso. Se s'intende includere disposizioni del genere, esse devono essere
contenute in un apposito articolo e di esse si deve fare menzione nel titolo
dell'atto.
3. La
divisione delle disposizioni dell'atto, in articoli o in partizioni superiori
all'articolo, deve informarsi a criteri di omogeneità interna delle singole
partizioni.
51. Sequenza delle disposizioni
1. Qualora
il testo normativo costituisca una disciplina organica di una determinata materia,
si raccomanda che l'ordine delle disposizioni nel corso dell'atto osservi la
seguente sequenza:
a) Parte
introduttiva, contenente le "disposizioni generali", quali ad es.:
1) finalità
dell'atto e principi generali (evitando peraltro mere dichiarazioni d'intenti);
2) campo
di applicazione (soggetti destinatari delle norme, materie disciplinate,
eventuali limiti di efficacia delle norme, ecc.);
3) definizioni.
b) Parte
principale: contiene le disposizioni sostanziali e procedurali relative alla
materia disciplinata, oltre alle eventuali sanzioni. Preferibilmente le
sanzioni sono collocate dopo le disposizioni sostanziali o procedurali cui si
riferiscono; se ce ne sono molte, però, è possibile accorparle in un unico
articolo dopo tutte le disposizioni sostanziali e procedurali. Le disposizioni
sanzionatorie devono contenere un inequivoco riferimento alle corrispondenti
disposizioni sostanziali, a meno che la sanzione non si riferisca all'intero
atto.
c) Parte
finale, contenente:
1) disposizioni
sull'attuazione dell'atto: indicano l'organo che emana le disposizioni
attuative, la loro forma e, se necessario, le direttive cui l'organo deve attenersi;
possono autorizzare l'organo esecutivo a modificare alcune parti dell'atto
(come gli allegati contenenti prescrizioni tecniche che richiedono frequenti aggiornamenti);
2) disposizioni
di coordinamento: chiariscono l'ambito di applicazione delle nuove disposizioni
rispetto a quelle previgenti, in genere modificandole;
3) disposizioni
transitorie: disciplinano il passaggio dal regime previgente a quello nuovo,
individuando chiaramente le fattispecie soggette alla disciplina transitoria;
indicano un tempo definito per la loro applicazione, evitando - in particolare
- espressioni generiche come "in sede di prima applicazione". Di
norma non devono essere modificate;
4) disposizioni
abrogative: rimuovono dall'ordinamento atti normativi - o loro parti -
riguardanti materie disciplinate dalle nuove disposizioni o con esse incompatibili.
Un singolo articolo o singole disposizioni strettamente collegate alle nuove,
però, possono essere abrogate nella parte principale, con un articolo che segue
immediatamente le nuove disposizioni;
5) disposizioni
sulla copertura finanziaria.
d) disposizioni
sull'entrata in vigore dell'atto e sulla decorrenza - o scadenza - d'efficacia
di singole sue disposizioni: fissano la data di entrata in vigore dell'atto (se
diversa dal termine fissato costituzionalmente o - nel caso di atti non
legislativi - per legge), nonché il termine iniziale di decorrenza - o quello
finale di scadenza - dell'efficacia di singole disposizioni (se diversi da
quello di entrata in vigore o di scadenza dell'atto). Le date devono essere
fissate in modo certo e conoscibile dalla generalità dei cittadini: in
particolare, quando l'entrata in vigore dell'atto o la decorrenza d'efficacia
di sue disposizioni vengono fatte dipendere da atti successivi, la
pubblicazione di questi ultimi con modalità analoghe al primo atto determina le
date in questione (24).
PARTE IV
RIFERIMENTI (O RINVII)
52. Definizione di riferimento o rinvio
1. Con
"riferimenti normativi" (o "rinvii") s'intendono tutti i
casi in cui il testo dell'atto si riferisce a un altro atto (riferimenti
esterni) o a un'altra parte dello stesso atto (riferimenti interni).
2. I
criteri formali concernenti la scrittura delle citazioni dei testi normativi
sono contenuti nei paragrafi da 31 a 35.
53. Riferimenti interni
1. E'
riferimento interno una proposizione che si riferisce a un'altra parte dello
stesso atto.
2. Verificare
se il riferimento interno è necessario o utile per la migliore articolazione
del testo, o, viceversa, se può essere evitato con una riformulazione completa
della disposizione.
3. Evitare
i riferimenti a catena (si rinvia all'art. x che a sua volta rinvia all'art.
y).
54. Riferimenti a partizioni superiori all'articolo
1. In
certi casi, prevedibilmente rari, può essere opportuno o necessario rinviare a
una partizione dell'atto superiore all'articolo. Tale tipo di riferimento è
ammesso solo se esso comprende tutte le disposizioni della partizione
richiamata; in altre parole va evitata l'espressione "si applicano le
disposizioni del titolo x" nel caso in cui solo alcune disposizioni del
titolo x si possono applicare.
55. Riferimenti all'articolo o a partizioni inferiori all'articolo
1. Salvi
i casi ricordati al paragrafo 54, il riferimento indica sempre con precisione
il numero dell'articolo contenente le disposizioni richiamate, e indica anche,
se il riferimento non è a tutto l'articolo, le partizioni inferiori.
2. Per
le forme di citazione delle partizioni interne di un atto normativo si rinvia
ai paragrafi da 31 a 35.
56. Riferimenti esterni
1. E'
riferimento esterno la proposizione che si riferisce a disposizioni di un altro
atto.
2. Si
distingue tra riferimento con funzione normativa (più comunemente chiamato rinvio)
e riferimento senza funzione normativa.
3. Il
riferimento con funzione normativa si divide in rinvio formale (o mobile o non
recettizio) e rinvio materiale (o recettizio). Nel primo caso l'atto rinvia a
un altro atto con l'intesa che tale rinvio viene fatto alla fonte prima ancora
che alla disposizione, e dunque comprende tutte le successive modificazioni a
cui sarà sottoposto l'atto richiamato. Nel secondo caso l'atto rinvia proprio e
solo alle disposizioni richiamate, che diventano idealmente parte dell'atto
rinviante così come si trovano scritte nel momento in cui avviene il rinvio,
cosicché tutte le successive modificazioni dell'atto richiamato non toccano
l'atto rinviante.
4. Evitare
il rinvio materiale, giacché è possibile, e più corretto, riscrivere l'intero
testo senza operare alcun rinvio. Comunque, se si deve fare un rinvio
materiale, il riferimento dev'essere seguito da una formula che indichi il
carattere materiale del rinvio. Si suggerisce di usare una formula di questo
genere: "l'art. w della legge z, nel testo vigente alla data di entrata in
vigore della presente legge" o, se si vuol scegliere un'altra data,
"l'art. x della legge y, nel testo vigente il …".
5. In
ogni caso, prima di fare un rinvio, accertarsi che esso non sia vietato
dall'ordinamento (come accade ogni qualvolta i giudici competenti ritengono
illegittimo quel rinvio che pretende o comunque rischia di novare
illegittimamente una fonte).
6. Il
riferimento senza funzione normativa si ha quando, per una qualche ragione, è necessario
o opportuno indicare o ricordare un altro atto normativo: se ad esempio bisogna
denominare un certo organo senza nome attraverso la indicazione dell'atto che
lo istituisce ("la commissione di cui all'art. x della legge z"),
oppure si ricorda che il nuovo atto attua disposizioni di un atto sovraordinato
(dell'art. x dello statuto regionale, ad esempio), oppure un precedente atto è
l'oggetto di un nuovo atto (ad esempio una legge di rifinanziamento). In tutti
questi casi il riferimento, per quanto necessario od opportuno, non serve a
travasare disposizioni contenute in altro atto all'interno dell'atto rinviante,
ma per indicare o ricordare o denominare qualcosa a cui ci si riferisce.
57. Riferimenti ad atti modificati
1. I
riferimenti ad atti modificati hanno una funzione normativa e una funzione
informativa. Il riferimento svolge la sua funzione normativa in base ai
principi contenuti nel paragrafo 56. Il riferimento svolge una funzione
informativa se vengono menzionate le modificazioni all'atto o alla disposizione
citata.
2. Quando
il riferimento svolge una funzione informativa vanno menzionate le modificazioni
dell'atto (se viene citato l'atto, più articoli o partizioni superiori
all'articolo) o dell'articolo (se viene citato un articolo o sue partizioni).
Nel primo caso basta ricordare l'atto modificativo; nel secondo bisogna citare
i singoli articoli modificativi. Non occorre ricordare l'oggetto dell'atto o
degli articoli modificativi. La menzione delle modifiche è necessaria solo
nella prima citazione.
3. Se
si fa riferimento a disposizioni che sono state sostituite, aggiunte o
modificate da atti successivi bisogna citare l'atto base, e non gli atti
modificativi.
58. Riferimenti a testi unici misti
1. Quando
si citano i testi unici misti previsti dall'articolo 7 della legge n. 50 del
1999 si fa riferimento al solo decreto del Presidente della Repubblica,
omettendo inoltre le indicazioni affiancate alle singole disposizioni.
59. Riferimenti ad atti antichi e non facili da reperire
1. In
caso di riferimenti ad atti antichi e non facili da reperire si deve facilitare
la comprensione e la conoscenza del testo o evitando addirittura il rinvio (con
la riproduzione del testo medesimo), o citando i dati di pubblicazione dell'atto.
PARTE V
MODIFICHE
60. Definizione e uso del termine "modifica"
1. Per
"modifica" s'intende ogni disposizione che interviene in qualsiasi
modo su un testo normativo previgente o comunque incide sul contenuto normativo
di disposizioni previgenti.
2. E'
preferibile non modificare atti dotati di forza inferiore con atti dotati di
forza superiore (ad esempio, non modificare regolamenti con legge), anche per
evitare che le singole parti degli atti modificati abbiano un diverso grado di
resistenza di fronte a ulteriori modificazioni.
61. Uso dei termini sostituzione, integrazione, abrogazione
1. Usare
termini più specifici solo quando il caso rientra senza ambiguità nelle definizioni
seguenti:
a) "sostituzione":
la nuova disposizione nel togliere precedenti parole le sostituisce con nuove;
b) "integrazione":
la nuova disposizione aggiunge nuove parole (e non toglie nessuna parola);
c) "abrogazione":
la nuova disposizione si limita a togliere disposizioni (se toglie singole
parole usare il termine "soppressione");
d) per
le nozioni di deroga, proroga e sospensione vedi i paragrafi da 84 a 87.
62. Modifiche implicite ed esplicite testuali e non testuali
1. Va
fatta distinzione fra modifiche implicite e modifiche esplicite.
2. Si
ha modifica implicita quando la nuova disposizione modifica le norme ricavabili
dalla precedente disposizione senza nessuna avvertenza contenuta nel nuovo
testo (vedi il paragrafo 82). Spetta all'operatore giuridico, mettendo a
confronto vecchie e nuove disposizioni, decidere se le vecchie sono state
abrogate, integrate, sostituite o comunque modificate, e definire l'entità
della modificazione.
3. Si
ha modifica esplicita quando l'atto successivo avverte in qualche modo che una
specifica disposizione precedente è stata modificata. Non costituisce modifica
esplicita l'abrogazione innominata (vedi il paragrafo 74).
4. La
modifica può essere segnalata dal nuovo atto in molti modi. Va fatta
distinzione, preliminarmente, tra modifica esplicita testuale e modifica
esplicita non testuale.
63. Modifiche esplicite testuali
1. Si
ha modifica esplicita testuale quando il legislatore, con opportune formule
(vedi paragrafo 68 e allegato C), prescrive che un precedente testo sia letto e
scritto in modo diverso, e detta il nuovo testo (o abroga puramente e
semplicemente il vecchio testo).
64. Titolo degli atti che modificano precedenti
atti come loro contenuto principale o esclusivo
1. Quando
il legislatore delibera un nuovo atto con lo scopo principale o esclusivo di
modificare uno o più atti precedenti, l'atto modificativo indica nel titolo
l'intento modificativo e gli atti modificati.
2. Le
formule da usare nel titolo possono essere diverse a seconda del contenuto (legge
che sostituisce, che integra, che abroga, che modifica, ecc.), però si consiglia:
a) di
usare, in generale, le parole "modifica/modifiche" e il verbo
"modificare", compresi i casi in cui il nuovo atto contemporaneamente
abroga alcune disposizioni, ne integra altre, ne sostituisce altre ancora;
b) di
riservare la parola "abrogazione" e il verbo "abrogare"
solo al caso in cui la nuova legge si limita ad eliminare un precedente atto, o
si limita ad abrogare una parte di un precedente atto;
c) di
riservare la parola "integrazione" e il verbo "integrare"
al caso in cui il nuovo atto lascia integralmente in vita il testo del
precedente atto, limitandosi ad aggiungere nuove parole.
65. Titolo degli atti che contengono al loro
interno parti che modificano testualmente precedenti atti
1. Quando
le modifiche sono conseguenza di una nuova disciplina, e quindi sono contenute
in alcuni articoli dell'atto, segnalarle non solo nelle rubriche di questi
articoli, ma anche nel titolo dell'atto, almeno in maniera riassuntiva.
66. Titolo degli atti che modificano atti più volte modificati
1. Per
quanto riguarda i titoli degli atti che modificano atti precedenti più volte
modificati si applicano i criteri indicati nel paragrafo 57.
67. Atti di consolidamento
1. Se
un atto base è stato modificato più volte, e le successive modificazioni si
sono stratificate nel tempo, è opportuno non continuare ad aggiungere nuove
modificazioni, ma riformulare l'intero testo, inglobando ed eliminando tutte le
precedenti variazioni.
68. Formulazione delle disposizioni contenenti modifiche esplicite
testuali (o novelle)
1. Inserire
le modifiche esplicite testuali in un articolo specifico, evitando di collocare
modifiche testuali e disposizioni di altro genere in commi, o peggio, in
partizioni minori del comma nell'ambito dello stesso articolo.
2. L'unità
minima del testo da sostituire è preferibilmente il comma (o una lettera di un
comma, o un numero di una elencazione contenuta in una lettera), anche quando
si tratti di modificare una singola parola o un insieme di parole.
3. Talvolta,
per le integrazioni, specie quando altri commi contengano richiami a commi
precedenti o seguenti, può essere opportuno, anziché aggiungere un nuovo comma,
aggiungere una frase alla fine di un comma (ma solo dopo un punto fermo), in
modo da non alterare il numero complessivo dei commi.
4. Se
si modificano più commi è preferibile riscrivere tutto l'articolo;
analogamente, se si modificano più lettere di un comma (o più numeri di una
lettera) è preferibile riscrivere tutto il comma (o tutta la lettera).
5. Le
disposizioni che recano modifiche testuali (chiamate anche "novelle")
si compongono di due parti: l'alinea che introduce la modifica, e la parte che
contiene la modifica testuale. Le due parti costituiscono un unico comma.
6. L'alinea
della disposizione recante la modifica testuale contiene il dispositivo volto a
precisare il rapporto (sostituzione o integrazione) tra la disposizione
previgente e quella recata dalla modifica testuale: esso di norma termina con
due punti, ai quali fa seguito la modifica testuale, inserita tra virgolette,
in apertura e chiusura.
7. L'alinea
non deve limitarsi a stabilire, genericamente, l'inserimento o l'aggiunta della
modifica testuale nel testo previgente, ma deve sempre indicare l'esatta
ubicazione della parte modificata, precisando quindi dopo quali parole o dopo
quale articolo o altra partizione va inserita la modifica testuale.
8. Se
la parte modificativa consiste in un articolo intero o in uno o più commi,
lettere o numeri, essa viene scritta, fra virgolette, a capo, dopo i due punti
con cui si chiude l'alinea.
9. Se
viceversa la modifica testuale consiste in un periodo o più periodi, o in
parole da inserire, in sostituzione o in aggiunta, nella disposizione
previgente, la modifica va riportata, fra virgolette, di seguito all'alinea
(quindi senza andare a capo).
10. Nell'allegato
C al presente testo sono riportate le formule da adoperare nelle modifiche
testuali.
69. Numerazione degli articoli aggiuntivi e
delle partizioni aggiuntive di livello superiore all'articolo
1. Gli
articoli aggiuntivi da inserire con modifiche testuali in testi normativi
previgenti vanno contrassegnati con il numero cardinale dell'articolo dopo il
quale essi sono collocati, integrato con l'avverbio numerale latino (bis, ter,
quater, ecc.). Tale criterio va seguito anche nel caso di articoli da
aggiungere dopo l'ultimo del testo previgente, e anche quando gli articoli sono
aggiunti dopo un articolo unico privo di numerazione cardinale (25).
2. Gli
articoli aggiuntivi collocati prima dell'articolo 1 di un atto previgente vanno
contrassegnati con il numero "01" ("02", "03",
ecc.).
3. Gli
articoli da inserire con modifiche testuali in testi normativi previgenti, e
che si renda indispensabile collocare in posizione intermedia tra articoli
aggiunti successivamente al testo originario, vanno contrassegnati con il
numero dell'articolo dopo il quale sono inseriti, integrato da un numero
cardinale (l'articolo inserito tra l'1 bis e l'1 ter diviene quindi 1 bis 1).
4. Quando
s'inserisce un articolo fra l'articolo 1 e l'articolo 1 bis lo si indica come
articolo 1.1. Quando, in un secondo tempo, s'inserisce un articolo fra l'1.1. e
l'1 bis lo si indica come 1.1.1.
5. Le
predette regole si applicano anche nel caso di partizioni aggiuntive di livello
superiore all'articolo.
6. Non
usare numeri corrispondenti ad articoli abrogati in precedenza.
7. Quando
si sostituiscono degli articoli non cambiarne radicalmente l'oggetto: se lo si
vuol fare è meglio abrogare l'articolo originario e aggiungere un nuovo
articolo.
70. Numerazione dei commi all'interno delle modifiche testuali
1. Nelle
modifiche testuali recanti sostituzione integrale di un articolo di un atto
previgente, nel quale i commi sono numerati, i commi del nuovo testo vanno
ugualmente contrassegnati con numeri cardinali. Se invece la modifica testuale
inserisce nuovi commi tra due commi del testo previgente, questi vanno
contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale sono
collocati, seguito dall'avverbio numerale latino (bis, ter, quater, ecc.).
2. Se
la modifica testuale aggiunge nuovi commi dopo l'ultimo comma di un articolo si
seguono gli stessi criteri.
3. Se
è necessario collocare dei commi prima del comma 1, essi vanno contrassegnati
con il numero "01" ("02", "03", ecc.).
4. Se
è necessario (anche se è sconsigliabile) inserire un nuovo comma tra due commi
aggiunti successivamente a un testo previgente, esso va contrassegnato con il
numero del comma dopo il quale è inserito, integrato da un numero cardinale (ad
es., il comma inserito tra l'1 bis e l'1 ter diviene 1 bis 1).
5. Quando
s'inserisce un comma fra il comma 1 e il comma 1 bis lo si indica come comma
1.1. Quando, in un secondo tempo, s'inserisce un comma fra l'1.1. e l'1 bis lo
si indica come 1.1.1.
6. Nelle
modifiche testuali di atti previgenti i cui commi non siano numerati i nuovi
commi vanno sempre numerati, anche quando si aggiungono o si sostituiscono
singoli commi. Nella numerazione si seguono le regole di questo paragrafo. Di
conseguenza, quando un comma 1 bis è inserito in un articolo con un primo e un
secondo comma non numerati, il comma successivo all'1 bis continua a essere
citato come secondo comma.
7. Non
usare numeri corrispondenti a commi precedentemente abrogati.
71. Lettere e numeri aggiuntivi
1. Per
aggiungere lettere o numeri a testi previgenti si seguono i criteri di cui ai
paragrafi 69 e 70.
72. Modifiche testuali contemporanee di molte
disposizioni contenute in atti non facilmente elencabili
1. Per
apportare modifiche testuali dello stesso tenore ad un numero di atti non facilmente
elencabili, usare una formula riassuntiva del tipo: "Ovunque ricorra
l'espressione 'y', questa va sostituita con 'z'" (26).
73. Sistematica delle modifiche
1. Le
modifiche vanno collocate all'interno dell'atto secondo i seguenti criteri:
a) quanto
alla suddivisione in articoli, formulare un articolo per ogni articolo modificato
(ad esempio, dovendo modificare due articoli di uno stesso atto, scrivere due
articoli ciascuno dei quali modifica un articolo); formulare invece più commi
(o più lettere) di uno stesso articolo per modificare più commi di un articolo,
ciascuno dei quali modifica un comma (qualora non si ritenga opportuna la
sostituzione completa dell'articolo);
b) qualora
i commi dell'articolo modificato non siano numerati evitare, se possibile, di
sostituire più commi adiacenti con un comma solo. Se lo si facesse, infatti, si
altererebbe la sequenza dei commi richiamati nello stesso atto o in altri atti,
dato che la numerazione della sequenza originale dei commi s'intende modificata
in seguito all'abrogazione di commi.
74. Abrogazioni innominate e parzialmente innominate
1. Si
chiama abrogazione innominata quella che consiste nella formula "sono
abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge" e simili; si
chiama abrogazione parzialmente innominata quella espressa con la formula
"sono abrogate le disposizioni della legge x in quanto incompatibili con
la presente legge". Abrogazioni parzialmente innominate sono pure quelle
risultanti da altre formule interpretabili come limiti all'abrogazione (ad
esempio: "sono abrogate le disposizioni della legge … riguardanti
…").
2. Evitare
ambedue i tipi di abrogazione, sia perché bisogna sforzarsi di abrogare esplicitamente
(vedi paragrafo 75), sia perché, nel dubbio o nell'ignoranza, meglio non dire
nulla, essendo le formule di cui sopra per lo meno inutili.
75. Abrogazione espressa di atti o disposizioni
1. Il
legislatore deve abrogare in maniera espressa, indicando con precisione le disposizioni
o gli atti abrogati e usando le formule previste dall'allegato C. La data da
cui decorre l'effetto abrogativo dev'essere individuabile con certezza.
2. Secondo
i principi generali, i rapporti nati prima dell'abrogazione e non ancora esauriti
continuano a essere regolati dalle disposizioni abrogate. Quindi l'abrogazione
non incide sulle disposizioni finanziarie, gli atti di gestione del personale e
simili riguardanti questi rapporti.
3. Se
l'abrogazione viene fatta dipendere dall'approvazione di atti successivi,
questi devono essere pubblicati con modalità identiche a quelle degli atti
abrogati.
4. Nell'abrogazione
espressa occorre tenere conto, oltre che delle indicazioni successive, di
quanto suggerito nel paragrafo 51, comma 1, lettera c), numero 4).
76. Abrogazione di atti o disposizioni a termine
1. Non
occorre abrogare gli atti che - opportunamente - contengono un termine certo.
Allo scadere del termine, infatti, questi atti escono dal sistema normativo
vigente in maniera analoga agli atti abrogati. Quando il termine è incerto,
viceversa, è bene abrogare. Non occorre eccettuare dall'abrogazione singole
disposizioni a termine comprese in un atto da abrogare.
77. Differenza fra abrogazione espressa e sostituzione
1. Quando
il legislatore sostituisce con una modifica testuale parti di precedenti atti,
e cioè toglie parole e contemporaneamente introduce al loro posto nuove parole,
non usare le espressioni "abroga e sostituisce" e simili.
2. Usare
la parola "abrogazione" solo quando la disposizione abrogatrice si
limita a sopprimere parti del testo.
3. Se
un articolo, un comma o altra parte ha sostituito testualmente un precedente
articolo, comma o altra parte, dopo aver scritto "l'art. x della l. … è
sostituito dal seguente" non c'è alcun bisogno di aggiungere: "l'art.
x della l. … è abrogato"; una formula simile, anzi, è pericolosa, perché
può indurre in errore l'operatore.
4. Ugualmente,
se all'interno dell'atto alcuni articoli hanno sostituito con modifiche testuali
parti di precedenti atti, non solo non c'è bisogno di introdurre nelle norme
finali una disposizione che elenca quelle stesse parti come abrogate a causa
della sostituzione fatta, ma è da sconsigliare per gli equivoci che ciò
potrebbe ingenerare.
78. Modifiche non testuali e abrogazione espressa
1. Quando
il nuovo atto non introduce modifiche testuali rispetto al precedente atto, elencare
in una disposizione finale le precedenti disposizioni che risultano abrogate a
causa delle nuove disposizioni, fermo restando che la nozione di abrogazione si
applica solo a quelle disposizioni il cui testo, a causa delle nuove
disposizioni, non è più vigente.
79. Formula della abrogazione espressa finale
1. Elencare
le abrogazioni espresse, se collocate alla fine dell'atto, in un solo articolo
tra le disposizioni finali.
2. Abrogare,
assieme a una legge base, le leggi o disposizioni che la modificano, senza
anteporre alla citazione di queste disposizioni la formula "come
modificato". Quindi non basta abrogare la sola legge base accompagnandola
con la generica formula "e successive modificazioni".
3. Quando
si abrogano molti atti la disposizione abrogativa deve distinguere le singole
abrogazioni usando elenchi, allegati ben articolati o simili.
4. Talvolta
è opportuno usare la formula: "sono abrogate, in particolare, le seguenti
disposizioni: …". Ci si cautela così di fronte alla possibilità che,
qualunque sia la ragione, non siano state elencate tutte le disposizioni
effettivamente abrogate (è sempre possibile che vi siano, oltre a quelle
espresse, abrogazioni tacite, che tocca all'operatore individuare nel caso
concreto).
5. Non
usare termini diversi da quello di abrogazione ("cessa di
applicarsi", "perde efficacia" e simili), se non nei rari casi
in cui il fenomeno è effettivamente diverso, come quando sono in questione
disposizioni di altri ordinamenti precedentemente recepite con rinvio
materiale, o quando non ci si riferisce all'abrogazione di disposizioni, ma al
fatto che esse non devono più essere applicate a certe fattispecie.
80. Modifiche esplicite non testuali
1. Spesso
il legislatore apporta esplicitamente modifiche (citando l'atto modificato) senza
modificare testualmente il precedente atto.
2. I
casi più importanti di modificazione esplicita non testuale sono: la deroga
esplicita, la sospensione, la proroga. Ad essi sono dedicati i paragrafi da 84
a 87.
81. Preferenza per la modifica testuale rispetto a quella non
testuale
1. La
modifica testuale è preferibile a quella non testuale, perché più sicura (e
anche meglio conoscibile, giacché tutte le pubblicazioni di fatto riporteranno
il nuovo testo, e non più il vecchio, informando eventualmente in nota della
disposizione modificativa).
82. Modifiche implicite
1. Sono
modifiche implicite tutte quelle che derivano da disposizioni successive senza
che il legislatore abbia in qualche modo avvertito che specifiche disposizioni
precedenti risultano modificate a causa delle nuove (27).
83. Interpretazioni autentiche
1. Le
disposizioni d'interpretazione autentica devono esplicitare il loro intento e
devono citare l'atto interpretato. L'intento interpretativo e l'atto
interpretato devono risultare dalla rubrica dell'articolo interpretativo.
2. Le
disposizioni d'interpretazione autentica non vanno confuse con le disposizioni
modificative con effetto retroattivo.
84. Deroghe
1. Si
ha deroga quando la nuova disposizione prescrive una regola che fa eccezione ad
una precedente disposizione rimasta immutata nel suo tenore letterale. Per conseguenza,
se la deroga viene tolta, la primitiva disposizione riespande la sua efficacia
anche nei confronti della fattispecie prima disciplinata con norme di
eccezione.
85. Deroga esplicita e deroga implicita
1. Anche
la deroga può essere implicita o esplicita.
2. E'
implicita quando il legislatore non segnala in alcun modo che sta creando un
caso specifico disciplinato in modo eccezionale rispetto ad un precedente caso
più generale (nel quale per l'innanzi rientrava anche il caso che ora viene
disciplinato in modo distinto).
3. E'
esplicita quando il legislatore usa formule del tipo: "In deroga all'art.
x della l. …", e simili.
86. Deroga testuale e non testuale
1. Dal
punto di vista concettuale la deroga esplicita può essere testuale o non
testuale (anche se la deroga disposta con modifica testuale, dal punto di vista
formale, non appare più come deroga ma come riformulazione della precedente
disposizione).
2. La
deroga è testuale quando il legislatore riformula il precedente testo inserendo
l'eccezione come parte integrante della originaria disposizione (28).
3. E'
preferibile che la deroga sia espressa come modifica testuale, e comunque che
sia esplicita.
87. Proroghe e sospensioni
1. Mentre
le modifiche (ivi comprese le deroghe) riguardano o direttamente le disposizioni
o comunque le norme che si ricavano dalle disposizioni, proroghe e sospensioni
non entrano nel contenuto delle disposizioni, ma riguardano la sfera temporale
di efficacia di esse.
2. La
proroga prescrive che la disposizione x (o l'atto y), la cui vigenza doveva
cessare il giorno z, cesserà invece o nel termine t o all'avverarsi della
condizione v. Quando il termine di vigenza è già scaduto non si parla di
proroga, ma di differimento.
3. La
sospensione prescrive che, per un periodo determinato, o fino a nuova disposizione,
o fino all'avverarsi di una determinata condizione, la disposizione x (o
l'intero atto y) non dev'essere applicato: resta formalmente in vigore (fa
ancora parte dell'ordinamento), ma non è efficace nel periodo indicato.
4. E'
preferibile esprimere le proroghe e le sospensioni come modificazioni testuali
della disposizione prorogata o sospesa. In ogni caso le proroghe, i
differimenti e le sospensioni devono indicare esplicitamente l'atto o la
disposizione prorogata, differita o sospesa.
88. Reviviscenza
1. L'abrogazione
di disposizioni abrogative non fa rivivere le disposizioni da esse abrogate. Se
il legislatore vuole far rivivere una disposizione abrogata, quindi, non basta
che abroghi la disposizione abrogativa, ma bisogna che disponga la reviviscenza
della disposizione abrogata (29). E' preferibile, comunque,
riscrivere la disposizione abrogata.
2. Analogamente,
l'abrogazione di disposizioni modificative non fa rivivere il testo nella
versione antecedente la modifica. Se il legislatore vuole far rivivere una
disposizione nella versione antecedente una modifica, quindi, non basta che
abroghi la disposizione modificativa, ma bisogna che disponga la reviviscenza
del testo nella versione precedente la modifica. E' preferibile, comunque,
riscrivere la disposizione modificata.
89. Delegificazione e deregolamentazione
1. Delegificare
significa trasferire al regolamento la facoltà di disciplinare una determinata
materia o attività, per l'innanzi disciplinata con legge. Nel redigere norme di
delegificazione si osservano i principi dell'ordinamento in materia, indicando,
in particolare, l'organo competente a emanare l'atto che si sostituisce alla
legge.
2. La
delegificazione produce l'abrogazione delle disposizioni delegificate, normalmente
differita all'entrata in vigore dell'atto che si sostituirà alla legge. A
quest'abrogazione si applicano le regole valide per le abrogazioni in generale
(paragrafi da 74 a 79).
3. La
legge delegificante deve individuare le singole disposizioni delegificate e
precisare che esse sono abrogate a decorrere dall'entrata in vigore degli atti
che si sostituiranno alla legge. Questi ultimi atti, comunque, dovranno
dichiarare quali sono le disposizioni legislative abrogate, rinviando alla
norma delegificante. Se la legge non potesse individuare con precisione le
disposizioni abrogate dovrà demandarne l'individuazione ai regolamenti.
4. Il
passaggio di competenze agli enti locali produce effetti simili alla
delegificazione. In tal caso si applicano, se possibile, i principi individuati
a proposito di delegificazione.
5. Deregolamentare
significa trasferire all'autonomia privata la facoltà di disciplinare una
determinata materia o attività, per l'innanzi disciplinata con legge o
regolamento.
6. Un
caso di deregolamentazione si verifica quando alla legge si sostituiscono i contratti
collettivi; ciò produce l'abrogazione di disposizioni nella materia
contrattualizzata. A quest'abrogazione si applicano, se possibile, le regole
valide per le abrogazioni in generale (paragrafi da 74 a 79): inoltre, dopo la
conclusione dei contratti un atto normativo deve confermare l'avvenuta
abrogazione delle disposizioni previgenti, in modo da ripulire il sistema
normativo.
ALLEGATO A
Simboli convenzionali
(SI) di unità di misura di cui all'allegato al decreto del Presidente della
Repubblica 12 agosto 1982, n. 802 (Attuazione della direttiva n. 80/181/CEE
relativa alle unità di misura) e alla legge 28 ottobre 1988, n. 473 (Attuazione
della direttiva n. 85/1/CEE che modifica la direttiva n. 80/181/CEE sull'unità
di misura già attuata con decreto del Presidente della Repubblica 12 agosto
1982, n. 802) (paragrafo 29)
1. Unità SI, loro multipli e sottomultipli decimali
1.1. Unità Sl di base
Grandezza |
Unità |
|
Nome |
Simbolo |
|
Lunghezza |
Metro |
m |
Massa |
Chilogrammo |
kg |
Tempo |
Secondo |
s |
Intensità di corrente elettrica |
Ampère |
A |
Temperatura termodinamica |
Kelvin |
K |
Quantità di materia |
Mole |
mol |
Intensità luminosa |
Candela |
cd |
Le definizioni delle unità SI di base sono
le seguenti:
Unità di lunghezza
Il metro è la lunghezza del tragitto
percorso dalla luce nel vuoto in un intervallo di 1/299792458 di secondo.
(17ª CGPM, 1983,ris. 1)
Unità di massa
Il chilogrammo è l'unità di massa; esso è
pari alla massa del prototipo internazionale del chilogrammo.
(3º CGMP, 1901, pag. 70 del resoconto)
Unità di tempo
Il secondo è la durata di 9.192.631.770
periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli
iperfini dello stato fondamentale dell'atomo del cesio 133.
(13ª CGMP, 1967, ris. 1)
Unità di intensità di
corrente elettrica
L'ampère è l'intensità di una corrente
elettrica costante, che percorrendo due conduttori paralleli rettilinei, di
lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile, posti alla distanza di
un metro l'uno dall'altro nel vuoto, produrrebbe fra questi conduttori una
forza eguale a 2 x 10-7 newton su ogni metro di lunghezza.
(CIPM, 1946, ris. 2, approvata dalla 9º
CGPM, 1948)
Unità di temperatura
termodinamica
Il kelvin, unità di temperatura
termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto
triplo dell'acqua.
(13ª CGMP, 1967, ris. 4)
Unità di quantità di
materia
La mole è la quantità di materia di un
sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012
chilogrammi di carbonio 12.
Quando si usa la mole, le entità
elementari devono essere specificate; esse possono essere atomi, molecole,
ioni, elettroni, altre particelle, oppure raggruppamenti specificati di tali
particelle.
(14ª CGMP, 1971, ris. 3)
Unità di intensità
luminosa
La candela è l'intensità luminosa, in una
determinata direzione, di una sorgente che emette un irraggiamento
monocromatico di frequenza 540 x 1012 hertz e la cui intensità
energetica in tale direzione è 1/683 watt per steradiante.
(16ª CGMP, 1979, ris. 3)
1.1.1. Nome e simbolo
speciali dell'unità SI di temperatura nel caso della temperatura Celsius
Grandezza |
Unità |
|
Nome |
Simbolo |
|
Temperatura Celsius |
Grado Celsius |
°C |
La temperatura Celsius t è definita dalla
differenza t = T-T0 tra due temperature termodinamiche T e T0
con T0 = 373,15 K. Un intervallo o una differenza di temperatura
possono essere espressi in kelvin o in gradi Celsius. L'unità "grado
Celsius" è uguale all'unità "kelvin".
1.2. Altre unità SI
1.2.1. Unità
supplementari SI
Grandezza |
Unità |
|
Nome |
Simbolo |
|
Angolo piano |
Radiante |
Rad |
Angolo solido |
Steradiante |
sr |
(11ª la GCMP, 1960, ris.
12).
Le definizioni delle unità supplementari
SI sono le seguenti:
Unità di angolo piano
Il radiante è l'angolo piano compreso tra
due raggi di un cerchio i quali delimitano, sulla circonferenza del cerchio, un
arco di lunghezza pari a quella del raggio.
(Norma internazionale ISO 31 - 1 : 1992)
Unità di angolo solido
Lo steradiante è l'angolo solido di un
cono che, avendo il vertice al centro di una sfera, delimita sulla superficie
di questa un'area pari a quella di un quadrato il cui lato ha una lunghezza
pari al raggio della sfera.
(Norma internazionale ISO 31 - 1 : 1992)
1.2.2. Unità derivate SI
Le unità derivate in modo coerente delle
unità SI di base e dalle unità supplementari SI vengono indicate mediante
espressioni algebriche sotto forma di prodotti di potenze delle unità SI di
base e delle unità supplementari SI con un fattore numerico pari ad 1.
1.2.3. Unità derivate SI
che hanno nomi e simboli speciali
Grandezza |
Unità |
Espressione |
||
Nome |
Simbolo |
in altre unità SI |
in unità SI di base e supplementari |
|
Frequenza |
Hertz |
Hs |
|
s-1 |
Forza |
Newton |
N |
|
m. kg. s-2 |
Pressione e tensione |
Pascal |
Pa |
N. m-2 |
m-1.
kg. s-2 |
Energia, lavoro, quantità di calore |
Joule |
J |
N. m |
m2.
kg. s-2 |
Potenza (1), flusso
energetico |
Watt |
W |
J. s-1 |
m2.
kg. s-3 |
Quantità di elettricità, carica
elettrica |
Coulomb |
C |
|
s. A |
Tensione elettrica, potenziale
elettrico, forza elettromotrice |
Volt |
V |
W. A-1 |
m2.
kg. s-3. A-1 |
Resistenza elettrica |
Ohm |
O |
V. A-1 |
m2.
kg. s-3. A-2 |
Conduttanza |
Siemens |
S |
A. V-1 |
m-2.
kg-1. s3. A2 |
Capacità elettrica |
Farad |
F |
C. V-1 |
m-2.
kg-1. s4.A2 |
Flusso d'induzione magnetica |
Weher |
Wb |
V. s |
m2.
kg. s-2. A-1 |
Induzione magnetica |
Testa |
T |
Wb. m-2 |
kg. s-2.
A-1 |
Induttanza |
Henry |
H |
Wb. A-1 |
m2.
kg. s-2. A-2 |
Flusso luminoso |
Lumen |
Im |
|
cd. sr |
Illuminamento |
Lux |
Ix |
Im. m-2 |
m-2. cd.
sr |
Attività (irraggiamento ionizzante) |
Hacquarel |
Bq |
|
s-1 |
Dose assorbita, energia comunicata,
massica Kerma, indice di dose assorbita |
Gray |
Gy |
J. kg-1 |
m2. s-2 |
Dose equivalente |
Sievert |
Sv |
J. kg-1 |
m2. s-2 |
(1) Nomi speciali dell'unità di potenza il nome
"voltampère", simbolo "VA", per esprimere la potenza
apparente della corrente elettrica alternata e il nome "var", simbolo
"var", per esprimere la potenza elettrica reattiva. Il nome
"var" non è incluso in risoluzioni della CGPM.
Alcune unità derivate dalle unità SI di
base o supplementari possono essere espresse impiegando le unità del capitolo
1.
In particolare, alcune unità derivate SI
possono essere espresse con i nomi e i simboli speciali riportati nella tabella
di cui sopra, per esempio: l'unità SI della viscosità dinamica può essere
espressa come m-1 . kg . s-1 oppure N . s . m-2
oppure Pa . s.
1.3. Prefissi e loro
simboli che servono a designare taluni multipli e sottomultipli decimali
Fattore |
Prefisso |
Simbolo |
Fattore |
Prefisso |
Simbolo |
1024 |
yota |
Y |
10-1 |
Deci |
d |
1018 |
zeta |
Z |
10-2 |
Centi |
c |
1018 |
Exa |
E |
10-3 |
Milli |
m |
1015 |
Peta |
P |
10-6 |
Micro |
μ |
1012 |
Tera |
T |
10-9 |
Nano |
n |
109 |
Giga |
G |
10-12 |
Pico |
p |
104 |
Mega |
M |
10-15 |
Femto |
f |
103 |
Chilo |
k |
10-18 |
Atto |
a |
102 |
Etto |
h |
10-21 |
zepto |
z |
101 |
Deca |
da |
10-24 |
yocto |
y |
I nomi ed i simboli dei multipli e
sottomultipli decimali dell'unità di massa vengono formati mediante l'aggiunta
dei prefissi alla parola "grammo" e dei loro simboli al simbolo
"g".
Per designare alcuni multipli decimali di
un'unità derivata la cui espressione si presenta sotto forma di una frazione,
un prefisso può essere legato indifferentemente alle unità che figurano al
numeratore, al denominatore o in entrambi.
Sono vietati i prefissi composti, cioè
formati mediante giustapposizione di più prefissi di cui sopra.
1.4. Nomi e simboli
speciali autorizzati di multipli e sottomultipli decimali di unità SI
Grandezza |
Unità |
||
Nome |
Simbolo |
Relazione |
|
Volume |
Litro |
l o L (1) |
1 l = 1 dm3
= 10-3 m3 |
Massa |
Tonnellata |
t |
1 t = 1 Mg = 103
kg |
Pressione e tensione |
Bar |
bar (2) |
1 bar = 105
Pa |
(1) Per l'unità litro possono essere utilizzati i due simboli
"I" e "L". (16ª CGPM, 1979, ris. 5).
(2) Unità che, nell'opuscolo dell'Ufficio internazionale dei
pesi e misure, è compresa tra le unità ammesse temporaneamente.
Avvertenza: I prefissi ed i simboli di cui al punto
1.3. si applicano alle unità ed ai simboli elencati nella tabella del punto
1.4.
2. Unità definite in base alle unità SI, ma che non sono multipli
o sottomultipli decimali di queste
Grandezza |
Unità |
||
Nome |
Simbolo |
Relazione |
|
Angolo piano |
Angolo giro (°)(1) (a) |
|
1 angolo giro = 2 p rad |
|
Grado centesimale (°) |
gon (°) |
1 gon = p/200 rad |
|
oppure (°) |
|
|
|
Grado sessagesimale |
° |
1° = p/180 rad |
|
Minuto d'angolo |
' |
1' = p/10800 rad |
|
Secondo d'angolo |
'' |
1'' = p/648000
rad |
Tempo |
Minuto |
min |
1 min = 60 s |
|
Ora |
h |
1 h = 3.600 s |
|
Giorno |
d |
1 d = 86.400 s |
(1) Il segno (º) dopo un nome o un simbolo di unità ricorda che
questi non figurano negli elenchi compilati dalla CGPM, dalla CIPM e dal BIPM.
Questa osservazione si applica al presente allegato nel suo complesso.
(a) Non essere un simbolo internazionale.
Avvertenza: I prefissi di cui al punto 1.3. si
applicano soltanto ai nomi "grado" e "gon" ed i relativi
soltanto al simbolo "gon".
3. Unità definite indipendentemente dalle sette unità Sl di base
Quantità |
Unità |
||
Denominazione |
Simbolo |
Definizione |
|
Energia |
elettronvolt |
eV |
L'elettronvolt è l'energia cinetica che
un elettrone acquista attraversando, nel vuoto, una differenza di potenziale
di 1 volt |
Massa |
unità di massa atomica unificata |
u |
L'unità di massa atomica unificata è
uguale a 1/12 della massa di un atomo del nuclide 12C |
Nota:
unitamente alle due unità sopracitate e ai relativi simboli, possono essere
utilizzati i prefissi e i relativi simboli elencati al punto 1.3.
4. Unità e nomi di unità ammessi unicamente in settori di
applicazione specializzati.
Grandezza |
Unità |
||
Nome |
Simbolo |
Valore |
|
Vergenza dei sistemi ottici |
Diottria(°) |
|
1 diottria = 1 m -1 |
Massa delle pietre preziose |
Carato metrico |
|
1 carato metrico = 2.10-4 |
Area delle superfici agrarie e dei fondi |
Ara |
a |
1 a = 102 m2 |
Massa lineica delle fibre tessili e dei
filati |
Tex (°) |
tex (°) |
1 tex = 10-6
kg. m-1 |
Pressione sanguigna e pressione di altri
liquidi organici |
millimetro di mercurio |
mm Hg |
1 mm Hg = 133,322
Pa |
Sezione efficace |
barn |
b |
1 b = 10-28m2 |
Avvertenza: I prefissi ed i loro simboli di cui al
punto 1.3. si applicano alle unità ed ai simboli di cui sopra, ad eccezione del
millimetro di mercurio e del suo simbolo. Il multiplo 102 è tuttavia
denominato "ettaro".
5. Unità composte
Combinando le unità di cui al capitolo I
si costituiscono unità composte.
ALLEGATO B
Forme di citazione (paragrafo
31)
1. Forme di
citazione degli atti normativi
Tipo di atto citato |
Forma integrale di citazione (prima citazione) |
Forme semplificate di citazione (citazioni
ripetute) |
legge statale |
legge 23 agosto
1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della
presidenza del Consiglio dei ministri) |
l. 400/1988 oppure legge 400/1988 oppure legge n. 400 del
1988 |
legge regionale |
legge regionale 29
febbraio 1984, n. 14 (argomento) |
l.r. 14/1984 oppure legge regionale
14/1984 oppure legge regionale n.
14 del 1984 |
legge provinciale |
legge provinciale
29 febbraio 1984, n. 14 (argomento) |
l.p. 14/1984 oppure legge provinciale
n. 14 del 1984 |
legge di altra
regione o provincia autonoma |
legge regionale
Toscana 29 febbraio 1984, n. 14 (argomento) oppure legge della
Regione Toscana 29 febbraio 1984, n. 14 (argomento) legge provinciale
Trento 29 febbraio 1984, n. 14 (argomento) oppure legge della
Provincia autonoma di Trento 29 febbraio 1984, n. 14 (argomento) |
l.r. Toscana
14/1984 oppure legge regionale
Toscana n. 14 del 1984 oppure legge della
Regione Toscana n. 14 del 1984 l.p. Trento
14/1984 oppure legge provinciale
Trento n. 14 del 1984 oppure legge della
Provincia autonoma di Trento n. 14 del 1984 |
decreto-legge (non
ancora convertito) |
decreto-legge 4
agosto 1981, n. 391 (argomento) |
d.l. 391/1981 oppure decreto-legge n.
391 del 1981 |
decreto-legge
(convertito in legge) |
decreto-legge 4
agosto 1981, n. 391 (argomento),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 settembre 1981, n. 409 |
d.l. 391/1981
convertito dalla l. 409/1981 oppure decreto legge n.
391 del 1981 convertito dalla legge n. 409 del 1981 |
decreto
legislativo (dopo l'entrata in vigore della legge 400 del 1988) |
decreto
legislativo 19 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
d.lgs. 1/1989 oppure decreto
legislativo n. 1 del 1989 |
decreto del
Presidente della Repubblica |
decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (argomento) |
d.p.r. 616/1977 oppure decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 |
regio decreto |
regio decreto 14
agosto 1920, n. 1285 (argomento) |
r.d. 1285/1920 oppure regio decreto n.
1285 del 1920 |
regio decreto-legge |
regio
decreto-legge 30 agosto 1925, n. 1261 (argomento),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1926, n. 1263 |
r.d.l. 1261/1925
convertito dalla l. 1263/1926 oppure regio
decreto-legge n. 1261 del 1925 convertito dalla legge n. 1263 del 1926 |
decreto
luogotenenziale |
decreto
luogotenenziale 24 luglio 1944, n. 40 (argomento) |
d.lgt. 40/1944 oppure decreto
luogotenenziale n. 40 del 1944 |
decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri |
decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 4 giugno 1988, n. 240 (argomento) |
d.p.c.m. 240/1988 oppure decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri n. 240 del 1988 |
decreto
ministeriale (numerato) |
decreto del
Ministro della sanità 9 giugno 1988, n. 202 (argomento) |
d.m. sanità
202/1988 oppure decreto del
Ministro della sanità n. 202 del 1988 |
decreto
ministeriale (non numerato) |
decreto del
Ministro della sanità del 14 maggio 1986 (argomento) |
d.m. sanità 14
maggio 1986 oppure decreto del
Ministro della sanità 14 maggio 1986 |
ordinanza |
ordinanza del
Ministro della sanità del 14 maggio 1986 (argomento) |
o.m. sanità del 14
maggio 1986 oppure ordinanza del
Ministro della sanità del 14 maggio 1986 |
testo unico |
testo unico ...
emanato con decreto del Presidente della Repubblica 1 gennaio 1989 n. 1 (argomento) |
t.u. ... emanato
con d.p.r. 1/1989 oppure testo unico ...
emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1 del 1989 |
regolamento
governativo (ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988) |
regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica 1 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
reg. emanato con
d.p.r. 1/1989 oppure regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1 del 1989 |
regolamenti
ministeriali (ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del
1988) |
regolamento
adottato con decreto del Ministro della sanità 1°gennaio 1989, n. x (argomento) |
reg. min. adottato
con d.m. sanità x/1989 oppure regolamento
adottato con decreto del Ministro della sanità n. x del 1989 |
deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (o altri comitati
interministeriali) |
deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica 1 gennaio 1989, n.
1 (argomento) |
deliberazione CIPE
1/1989 oppure deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 1 del 1989 |
regolamento
regionale* |
regolamento
regionale 1 gennaio 1989, n.1 (argomento) |
regol. reg. 1/1989 oppure r.r. 1/1989 oppure regolamento
regionale n. 1 del 1989 |
regolamento
regionale (interno) * |
regolamento
interno approvato con deliberazione del Consiglio (o della Giunta) regionale
1 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
regol. interno
approvato con del. cons. (o giunta) reg. 1/1989 oppure regolamento
interno approvato con deliberazione del Consiglio (o Giunta) regionale n. 1
del 1989 |
deliberazione del
Consiglio regionale* |
deliberazione del
Consiglio regionale 1 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
del. cons. reg.
1/1989 oppure deliberazione del
Consiglio regionale n. 1 del 1989 |
deliberazione
della Giunta regionale* |
deliberazione
della Giunta regionale 24 settembre 1990, n. 8275 (argomento) |
del. giunta reg.
8275/1990 oppure deliberazione
della Giunta regionale n. 8275 del 1990 |
decreto del
Presidente della Giunta regionale * |
decreto del
Presidente della Giunta regionale 1 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
d.pres. giunta
reg. 1/1989 oppure decreto del
Presidente della Giunta regionale n. 1 del 1989 |
decreto
dell'assessore regionale (o altro) * |
decreto
dell'Assessore regionale alla sanità 1 gennaio 1989, n. 1 (argomento) |
d.ass. reg. sanità
1/1989 oppure decreto
dell'Assessore regionale alla sanità n. 1 del 1989 |
regolamenti CEE
(ed EURATOM) - prima del 1°
gennaio 1963 - prima del 1°
gennaio 1968 - prima del 1°
novembre 1993 - prima del
1°gennaio 1999 dopo il 1° gennaio
1999 |
regolamento n. 19
della Commissione della CEE del 31 dicembre 1962, relativo a … r egolamento n.
1068/67/CEE della Commissione, del 31 dicembre 1967, relativo a … regolamento (CEE)
n. 3013/81 della Commissione, del 19 ottobre 1981, relativo a … regolamento (CE)
n. 737/95 del Consiglio, del 26 aprile 1995, relativo a … regolamento (CE)
n. 1/1999 della Commissione, del 5 gennaio 1999, che modifica … |
reg. 19/62 della
CEE oppure regolamento n. 19
del 1962 della CEE reg. 1068/67/CEE oppure regolamento n.
1068/1967 della CEE reg. (CEE) 3013/81 oppure regolamento (CEE)
n. 3013/81 reg. (CE) 737/95 oppure regolamento (CE)
n. 737/95 reg. (CE) n. 1/1999 oppure regolamento (CE)
n. 1/1999 |
decisioni e
raccomandazioni CECA |
decisione n.
2804/81/CECA... raccomandazione n.
1997/81/ CECA... |
dec. 2804/81CECA oppure decisione n.
2804/81/CECA racc. 1997/81/CECA oppure raccomandazione n.
1997/81/CECA |
direttive,
decisioni, raccomandazioni CEE (ed EURATOM) |
direttiva
89/438/CEE del Consiglio, del 21 giugno 1989, relativa a … decisione
89/430/CEE della Commissione, del 30 giugno 1989, relativa a … raccomandazione
89/214/CEE della Commissione, del 24 febbraio 1989, relativa a … |
dir. 89/438/CEE oppure direttiva n.
89/438/CEE dec. 89/430/CEE oppure decisione n.
89/430/CEE racc. 89/214/CEE oppure raccomandazione n.
89/214/CEE |
atti
internazionali |
Convenzione
relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in
Europa, firmata a Berna il 19 settembre 1979, ratificata ai sensi della legge
5 agosto 1981, n. 503 ** |
Convezione di
Berna di cui alla l. 503/1981 oppure ...di cui alla
legge n. 503 del 1981 |
(*) Se necessario
per la comprensione del riferimento indicare, sia nelle forme integrali di
citazione che in quelle semplificate, il nome della regione cui appartiene
l'organo che emana l'atto. Per esempio: decreto del Presidente della Giunta
regionale della Toscana.
(**) A seconda dei
casi, le ultime parole potranno essere sostituite da "la cui ratifica è
stata autorizzata dalla legge …" o da "resa esecutiva dalla legge
…".
2. Forme di
citazione di parti di atti normativi
Tipo di partizione citata |
Forma di citazione |
Singole partizioni: Libro Parte (all'interno
di un libro) Parte Titolo Capo Sezione Articolo Comma I ipotesi II ipotesi Lettera Numero Articolo
aggiuntivo Comma aggiuntivo
(numerato) Lettere e numeri
aggiuntivi Allegato |
il libro I
(Disposizioni generali) del codice di procedura civile (nei successivi
esempi la menzione della rubrica è omessa) il libro I, parte
I, della legge la parte I della
legge il titolo I della
legge il capo I della
legge il capo I, sezione
I, della legge l'articolo 1 della
legge l'articolo 1,
comma primo (oppure: primo comma), della legge (se nel testo
originario i commi non sono numerati) l'articolo 1,
comma 1, della legge (se nel testo
originario i commi sono numerati) l'articolo 1,
comma 1, lettera a), della legge l'articolo 1,
comma 1, lettera a), numero 1), della legge l'articolo 1 bis
della legge l'articolo 1 bis 1
della legge l'articolo 01
della legge l'articolo 1,
comma 1 bis, della legge l'articolo 1,
comma 1 bis 1, della legge l'articolo 2,
comma 01, della legge l'articolo 1,
comma 1, lettera a bis), della legge l'articolo 1,
comma 1, lettera a), n. 1 bis) della legge l'allegato A della
legge |
Enumerazione di partizioni: Articoli Articoli e commi |
gli articoli 1 e 2
della legge gli articoli 1, 4
e 9 della legge gli articoli da 1
a 9 della legge gli articoli da 1
a 4 e 9 della legge l'articolo 1,
l'articolo 2, commi 2 e 3, e gli articoli da 3 a 5 della legge |
Articoli di atti generalmente noti: Articolo della
Costituzione Articolo dello
statuto regionale Articolo di
statuto di altre regioni Articolo del
codice civile (di procedura civile, penale, di procedura penale) |
l'articolo 117
della Costituzione l'articolo 62
dello statuto l'articolo 62
dello Statuto della Regione Toscana l'articolo 15 del
codice civile (di procedura civile, penale, di procedura penale) |
Partizioni di atti comunitari
Parte Titolo Capitolo Sezione Articolo Paragrafo |
la parte I il titolo I il capitolo I la sezione I l'articolo 1 della
direttiva... il paragrafo I |
3. Forme di
citazione delle pubblicazioni ufficiali
Pubblicazione ufficiale |
Forma di citazione |
Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee |
g.u.c.e. serie L 1
del 1° gennaio 1989, p. 25 (la pagina può
essere omessa) |
Gazzetta ufficiale
della Repubblica italiana - prima della
riforma dell'ordinamento ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 1092 del 1985 - dopo la riforma
dell'ordinamento |
g.u. n. 90 del 6
aprile 1981 oppure g.u.
6 aprile 1981, n. 60
g.u. n. 53 del 4
marzo 1989 oppure g.u. 4 marzo 1989,
n. 53 oppure g.u. n. 10 dell'8
marzo 1989, parte I (o II o III o IV) |
Supplemento
ordinario |
suppl. ord. n. 14
alla g.u. n. 90 del 6 aprile 1989 |
Bollettino
ufficiale della Regione |
b.u.r. n. 8 del 4
marzo 1982 |
Bollettino
ufficiale del Ministero della sanità (o altro ministero) |
b.u. Ministero della
sanità (o altro) n. 15 del 10 aprile 1983 |
ALLEGATO C
Formule
per le modifiche testuali (paragrafo 68)
A) Sostituzioni
1)
Sostituzione di un articolo:
1. L'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (argomento
della legge), è sostituito dal seguente:
"Art. 2 (Rubrica dell'articolo) [solo se gli articoli
dell'atto modificato recano rubriche].
1.
(Testo dell'articolo, i cui commi vanno sempre numerati anche se gli articoli
dell'atto modificato non recano commi numerati)
2.
....."
2)
Sostituzione della rubrica di un articolo o del titolo di una legge
1. La rubrica dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
è sostituita dalla seguente: "…"
3)
Sostituzione di un comma (testo previgente con commi numerati o non numerati):
1. Il comma 6 dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
è sostituito dal seguente:
"6. (testo del comma)."
4) Sostituzione
di una lettera all'interno di un comma:
1. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, è sostituita dalla seguente:
"a) .......... ."
5)
Sostituzione di un numero all'interno di una lettera:
1. Il numero 1) della lettera f) del comma 1 dell'articolo 2 della
legge 28 febbraio 1986, n. 41, è sostituito dal seguente:
"1) .......... ."
B) Integrazioni
1)
Inserimento o aggiunta di un articolo:
1.1.) Inserimento di articolo fra due articoli dell'atto
modificato:
1. Dopo l'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41
(argomento della legge), è inserito il seguente:
"Art. 2 bis (Rubrica dell'articolo)
[solo se gli articoli dell'atto modificato recano rubriche].
1.
(Testo dell'articolo, i cui commi vanno sempre numerati, anche se gli articoli
dell'atto modificato non recano commi numerati)
2.
....."
1.2.) Inserimento di articolo tra due articoli dell'atto
modificato aggiunti successivamente (ad esempio tra gli articoli 1 bis e 1
ter):
1. Dopo l'articolo 1 bis della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
introdotto dall'articolo 2 della legge 20 giugno 1988, n. 229, è inserito il
seguente:
"Art. 1 bis 1" (per la rubrica e
la numerazione dei commi vedi numero 1.1.)
N.B. Se nell'atto modificato è stato successivamente inserito un
solo articolo (ad esempio 1 bis dopo l'articolo 1) si segue il criterio
ordinario (quindi l'articolo da collocare dopo l'1 bis assume il numero 1 ter).
Invece, se si aggiunge un articolo fra l'articolo 1 e l'articolo 1 bis bisogna
numerarlo 1.1; se si aggiunge un articolo fra l'articolo 1.1 e l'articolo 1 bis
bisogna numerarlo 1.1.1.
1.3.)
Inserimento di articolo prima dell'articolo 1 dell'atto modificato:
1. Prima dell'articolo 1 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è
inserito il seguente:
"Art. 01" (per la rubrica e la
numerazione dei commi vedi numero 1.1.)
1.4.) Aggiunta di articolo dopo l'ultimo dell'atto modificato (ad
esempio in caso di atto composto di cinque articoli).
1. Dopo l'articolo 5 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è
aggiunto il seguente:
"Art. 5 bis" (per la rubrica e
la numerazione dei commi vedi numero 1.1.)
2)
Inserimento o aggiunta di un comma
2.1.)
Inserimento di comma fra due commi dell'articolo modificato, con commi numerati
o non numerati:
1. Dopo il comma 4 dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986,
n. 41, è inserito il seguente:
"4 bis. (testo del comma)."
2.2.)
Inserimento di comma tra due commi dell'articolo modificato aggiunti successivamente:
1. Dopo il comma 4 bis dell'articolo 3 della legge 28 febbraio
1986, n. 41, introdotto dall'articolo 5 della legge 20 giugno 1988, n. 229, è
inserito il seguente:
"4 bis 1. (testo del comma)."
N.B. Se nell'articolo modificato è stato inserito successivamente
un solo comma (ad esempio 4 bis dopo il comma 4) si segue il criterio ordinario
(e quindi il comma da collocare dopo il 4 bis assume il numero 4 ter). Invece,
se si aggiunge un comma fra il comma 4 e il comma 4 bis bisogna numerarlo 4.1;
se si aggiunge un comma fra il comma 4.1 e il comma 4 bis bisogna numerarlo
4.1.1.
2.3.)
Inserimento di comma prima del comma 1 dell'articolo modificato, con commi numerati
o non numerati:
1. Prima del comma 1 dell'articolo 3 della legge 28 febbraio 1986,
n. 41, è inserito il seguente:
"01. (testo del comma)"
2.4.) Aggiunta di comma dopo l'ultimo dell'articolo modificato,
con commi numerati o non numerati (ad es. in caso di articolo composto di sei
commi):
1. Dopo il comma 6 dell'articolo 4 della legge 28 febbraio 1986,
n. 41, è aggiunto il seguente:
"6 bis (testo del comma)"
oppure:
1. All'articolo 4 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è aggiunto,
in fine, il seguente comma:
"6 bis (testo del comma)"
3)
Inserimento o aggiunta di una lettera:
3.1)
Inserimento di una lettera all'interno di un comma:
1. Dopo la lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, è inserita la seguente:
"c bis) ..... ."
3.2.)
Aggiunta di lettera (dopo l'ultima) all'interno di un comma:
1. Dopo la lettera f) del comma 3 dell'articolo 4 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, è aggiunta la seguente:
"f bis) ..... ."
oppure:
1. Al comma 3 dell'articolo 4 della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
è aggiunta infine, la seguente lettera:
"f bis) ..... ."
4)
Inserimento o aggiunta di un numero:
4.1.)
Inserimento di numero all'interno di una lettera:
1. Dopo il numero 1) della lettera a) del comma 3 dell'articolo 2
della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è inserito il seguente:
"1 bis) ..... ."
4.2.)
Aggiunta di un numero (dopo l'ultimo) all'interno di una lettera:
1. Dopo il numero 5) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3
della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è aggiunto il seguente:
"5 bis) ..... ."
oppure:
1. Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, è aggiunto, in fine, il seguente numero:
"5 bis) ..... ."
5)
Inserimento o aggiunta di parole all'interno di un comma:
5.1.)
Inserimento:
1. Al comma 3 dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
dopo le parole: "..........." sono inserite le seguenti:
".........." (senza andare a capo).
5.2.)
Aggiunta:
1. Al comma 3 dell'articolo 2 della legge 28 febbraio 1986, n. 41,
sono aggiunte, in fine, le parole: "..........." (senza andare a
capo).
C) Abrogazioni
1)
Abrogazione di un articolo:
1. L'articolo 1 (rubrica dell'articolo al posto del titolo della
legge, se quest'ultimo non è significativo, come accade per le leggi
finanziarie) della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è abrogato.
2)
Abrogazione di un comma:
1. Il comma 3 (oppure: il terzo comma, se non numerato)
dell'articolo 1 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, è abrogato.
N.B. Se i commi sono numerati la numerazione dei commi successivi
rimane invariata; se non sono numerati s'intende conseguentemente modificata.
3)
Abrogazione di una lettera all'interno di un comma:
1. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, è abrogata.
4)
Abrogazione di un numero all'interno di una lettera:
1. Il numero 3) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 5 della
legge 28 febbraio 1986, n. 41, è abrogato.
5)
Abrogazione finale:
1. Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) legge x (argomento);
b) art. w e comma k dell'articolo v della legge y (modificativi della legge x);
c) legge z (legge a termine
incerto).
NB: se l'efficacia dell'abrogazione vien fatta dipendere da un
altro atto, bisogna prevederne la pubblicazione in forme analoghe alla legge:
l'abrogazione, in tal caso, è efficace a partire dall'entrata in vigore
dell'altro atto (dipendente dalla pubblicazione). In ogni caso, la data da cui
decorre l'abrogazione dev'essere individuabile con certezza.
ALLEGATO D
Regole
applicabili d'ufficio
In quest'allegato sono individuate alcune regole
applicabili d'ufficio in sede di correzione dei testi normativi. Nella prima
colonna è riportato il paragrafo (con il suo oggetto) ed eventualmente il comma
che contiene la regola; nella seconda è indicato il contenuto dell'intervento.
Regola di riferimento |
Applicazione della regola |
paragrafo 21, comma 1 Uso delle abbreviazioni
|
eliminare le abbreviazioni, tranne quelle
standardizzate ai sensi dell'allegato B |
paragrafo 21, comma 2 Uso delle sigle
|
la prima volta che si usa una sigla scrivere per
esteso l'espressione ivi abbreviata, seguita dalla sigla fra parentesi |
paragrafo 22 Scrittura delle sigle
|
scrivere le sigle con maiuscole non puntate |
paragrafo 23 Uso delle maiuscole
|
usare le maiuscole solo per i nomi propri |
paragrafo 24 Nomi di enti e organi composti da più parole |
nei nomi composti usare la maiuscola solo per il
primo sostantivo |
paragrafo 25 Scrittura dei numeri
|
scrivere i numeri in lettere, tranne che nelle
unità di misura, in quelle monetarie e nelle percentuali |
paragrafo 26 Date
|
nelle date scrivere in lettere i mesi e le ore, in
cifre arabe il giorno e - con quattro cifre - l'anno |
paragrafo
27 Citazione
di partizioni |
scrivere
in cifre articoli e altre partizioni |
paragrafo 29 Simboli convenzionali di unità di misura
|
scrivere per esteso unità di misura e monetarie |
paragrafo
31 Citazione
di testi normativi |
correggere
le citazioni usando le formule dell'allegato B. Indicare il titolo degli atti
non numerati, per identificarli. Indicare l'oggetto delle disposizioni citate |
paragrafo
33 Scrittura
della citazione |
scrivere
le citazioni in ordine decrescente, salvo che un ordine diverso serva a
individuare il soggetto. Non usare "precedente" o
"successivo", ma indicare precisamente la partizione |
paragrafo 42, comma 2 Partizioni dell’atto
|
|
paragrafo 42, comma 3 Partizioni dell’atto
|
usare le sezioni solo come sottopartizioni
eventuali dei capi |
paragrafo 42, comma 5 Partizioni dell’atto
|
numerare le partizioni con cifre romane |
paragrafo 43, comma 1 L’articolo
|
verificare che tutto il testo sia diviso in
articoli; correggere conseguentemente |
paragrafo
43, comma 4 L’articolo |
numerare
progressivamente gli articoli con cifre arabe; solo nell'intestazione
abbreviarli in "Art." |
paragrafo
44 I
commi |
dividere
gli articoli in commi numerati progressivamente con cifre arabe; in un comma
non andare a capo |
paragrafo 45 Partizioni interne ai commi |
i commi possono essere divisi solo in lettere, nel
qual caso ogni lettera è a capo. Le lettere possono essere divise solo in
numeri, andando a capo a ogni numero |
paragrafo 47, comma 1 Intestazione degli allegati
|
intestare gli allegati con lettere maiuscole |
paragrafo
42, comma 2 Intestazione
degli allegati |
verificare
che la rubrica dell'allegato indichi l'articolo che rinvia ad esso;
correggere conseguentemente |
paragrafo
55, comma 1 Riferimenti
all'articolo o partizioni inferiori |
controllare
la precisione dei riferimenti ed eventualmente correggerli |
paragrafo 57 Riferimenti ad atti modificati |
usare formule corrette per riferirsi ad atti
modificati |
paragrafo 58 Riferimenti a testi unici misti |
usare formule corrette per riferirsi a testi unici |
paragrafo 68, commi 6 e 7 Formulazione delle disposizioni contenenti
modifiche |
usare formule standard per scrivere l'alinea delle
modifiche (vedi allegato C |
paragrafo 68, commi 8 e 9 Formulazione delle modifiche |
porre la novella fra virgolette e, se comprende
un'intera partizione, a capo dopo l'alinea |
Paragrafo
69 Numerazione
degli articoli aggiuntivi |
numerare
correttamente gli articoli aggiunti, usando l'avverbio numerale latino ecc. |
paragrafo 70 Numerazione dei commi aggiuntivi |
numerare correttamente i commi aggiunti, usando
l'avverbio numerale latino ecc. |
paragrafo 71 Lettere e numeri aggiuntivi |
numerare correttamente lettere e numeri aggiunti,
usando l'avverbio numerale latino ecc. |
paragrafo
79 Formula
di abrogazione espressa finale |
usare
le formule abrogative corrette, di cui all'allegato C. Abrogare le
disposizioni modificative dell'atto abrogato. Articolare chiaramente la
formula abrogativa |
(1) Esempio: "deve"; "ha
l’obbligo"; "è tenuto a".
(2) Le congiunzioni disgiuntive
("o", "oppure", ecc.) esprimono una relazione disgiuntiva
tra due termini che può essere inclusiva od esclusiva. Per relazione
disgiuntiva esclusiva, nel linguaggio normativo, s'intende una relazione tra
elementi di una fattispecie tale per cui la fattispecie si realizza, e quindi
si danno le conseguenze, nel caso che si avveri uno solo dei due elementi, ma
non ambedue. Per relazione disgiuntiva inclusiva s'intende invece una
relazione tra elementi tale per cui la fattispecie si realizza, e quindi si
danno le conseguenze, sia nel caso che si avveri uno solo dei due elementi, sia
nel caso che si avverino ambedue.
(3) Del tipo "La Camera approva o
respinge": la Camera non può approvare e respingere contemporaneamente.
(4) Il carattere tassativo si esprime usando parole quali
"soltanto", "esclusivamente", "unicamente"; il
carattere esemplificativo si esprime usando parole quali "tra
l'altro", "come", "ad esempio".
Il carattere cumulativo
dell'enumerazione indica che tutti gli elementi della fattispecie devono essere
realizzati. Esempio di enumerazione cumulativa:
"Affinché si applichi la
conseguenza g devono avverarsi tutte le seguenti condizioni:
a) ...
b) ...
c) ... ".
Il carattere alternativo
dell'enumerazione indica che è sufficiente la realizzazione di uno degli
elementi della fattispecie: in tal caso - se necessario - va precisato se la
relazione disgiuntiva tra gli elementi è di tipo inclusivo o esclusivo. Esempio
di enumerazione alternativa inclusiva:
"Affinché si applichi la
conseguenza g deve avverarsi almeno una (una o più) delle seguenti condizioni:
a)...
b)...
c)... ".
Esempio di enumerazione alternativa
esclusiva:
"Affinché si applichi la
conseguenza g deve avverarsi una sola delle seguenti condizioni:
a)...
b)...
c)... ".
(5) Esempio "ripetizione"
(6) Per esempio, la formulazione:
"1.
Il consiglio regionale approva …
2.
Esso delibera anche …"
dev'essere
sostituita con la formulazione:
"1.
Il consiglio regionale approva …
2. Il
consiglio regionale delibera anche …"
(7) Esempio:
Prima citazione:
"Il
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE)"
Citazioni successive:
"Il
CIPE".
(8) Per esempio, se l'espressione composta
è "Osservatorio regionale per il monitoraggio dell'entità e dell'efficienza
della rete distributiva commerciale", nelle citazioni successive si potrà
usare la denominazione abbreviata "Osservatorio del commercio".
(9) Vedi paragrafi
20 e 27.
(10) Esempio: Comunità europea dell'energia atomica; Ministro
della pubblica istruzione; Ministero della pubblica istruzione.
(11) Esempio
"Alto Commissario".
(12) Esempio: "Commissione delle Comunità europee";
"Presidente del Consiglio dei ministri"; "Presidente della
Commissione delle Comunità europee".
(13) Esempio:
"il termine di trenta giorni".
(14) Esempi: "una somma di 46.527,32 euro"; "un
tasso del 2,25 per cento" (per l'uso del simbolo % vedi il paragrafo 27).
(15) Esempi:
- 5.000.000.000 va
scritto 5 miliardi;
- 7.120.000.000 va
scritto 7 miliardi 120 milioni;
- 8.000.000 va
scritto 8 milioni;
- 4.150.000 va
scritto 4 milioni 150 mila;
- 785.000 va scritto
785 mila;
- 65.350 va scritto
65 mila 350;
- 10.000 va scritto
10 mila;
ma il numero
- 5.120.450.000 si scriverà in cifre; e così i numeri
632.365.615, 1.290. 300, ecc.
(16) Esempio:"2
marzo 1982".
(17) Ad esempio, nel caso di decreti emanati da ministri,
assessori regionali, o nel caso di deliberazioni adottate da comitati
interministeriali, occorre specificare il ministro, l'assessore, o il comitato
interministeriale.
(18) Quando viene riportato il titolo di un atto che contiene già
delle parentesi, anziché racchiuderlo a sua volta fra parentesi si può farlo
precedere dalla parola "concernente", racchiudendolo fra virgolette.
Se un
atto viene citato per la prima volta nel titolo di un altro atto la citazione
per esteso (estremi completi più titolo) va ripetuta una seconda volta quando
esso viene citato nell'articolato.
(19) Ad esempio: titolo I, capo II, sezione III.
(20) Es.: l'articolo 1 della legge 14 febbraio 1987, n. 37 che recita:
"1. L'articolo 24 del testo unico delle norme sulla circolazione
stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959,
n. 393, è sostituito dal seguente:
Art. 24 -
(Ciclomotori).
1. Ciclomotori sono i veicoli con due ruote o tre ruote aventi le
seguenti caratteristiche:
a) cilindrata fino a
50 centimetri cubi;
b) capacità di sviluppare su strada piana una velocità fino a 40
chilometri l'ora.
2. Detti veicoli qualora superino il limite stabilito per una delle
caratteristiche indicate nel comma 1, sono considerati motoveicoli."
Nelle citazioni, le parole da "L'articolo 24 del testo unico"
fino a "seguente" sono chiamate "alinea"; il comma 1 del
nuovo testo dell'articolo 24 può essere chiamato "primo capoverso del
comma 1 dell'articolo 1"; il comma 2, a sua volta, può essere citato come
"secondo capoverso". La lettera a) del nuovo testo del comma 1 può
essere chiamata, di conseguenza, "lettera a) del primo capoverso". E'
altrettanto valida la citazione come: "comma 1 (o "comma 2", o
"lettera a) del comma 1") dell'articolo 24 della legge (...), come sostituito
dall'articolo 1".
(21) Per esempio non inserire nello stesso articolo (né tantomeno
nello stesso comma) norme sostanziali e norme procedurali.
(22) Esempio: "aa), bb), cc)", ecc.; "aaa), bbb),
ccc)", ecc.
(23) Esempio:
Art. 1 (rubrica)
1. .............:
a)...........:
1)............;
2)............;
b)............ .
2. ......... .
3. ......... :
a).........;
b).........;
(24) Quando l'efficacia dell'atto o di singole disposizioni
dipende dalla loro compatibilità con il regime degli aiuti previsto dal
trattato istitutivo della Comunità europea si inserisce nell'atto una
disposizione di questo tipo: "L'efficacia di questa legge (o degli
articoli ...) decorre dal giorno in cui è pubblicato sul Bollettino ufficiale
della regione l’avviso sull’esito positivo dell’esame di compatibilità da parte
della Commissione dell’Unione europea, ai sensi degli articoli 87 e 88 del
trattato istitutivo".
(25) Elenco dei primi avverbi numerali latini: bis, ter, quater,
quinquies, sexies, septies, octies, novies, decies, undecies, duodecies,
terdecies, quaterdiecies, quindecies, sex decies, septies decies, duodevicies,
undevicies, vicies.
(26) Ad esempio quando, a seguito della riforma del diritto di
famiglia, l'istituto della patria potestà fu sostituito dall'istituto della
potestà dei genitori, il legislatore sentì giustamente il bisogno di imporre
una modifica testuale in tutte le leggi in cui compariva l'espressione
"patria potestà", da sostituire con "potestà dei genitori":
nella impossibilità di elencare tutti gli articoli di tutte le leggi da
modificare, dispose con
una formula riassuntiva che ovunque si trovasse l'espressione "patria
potestà" questa andava sostituita con "potestà dei genitori".
(27) Vi rientrano ad esempio:
a) l'abrogazione tacita, nel qual caso l'operatore
applica la nuova disposizione e ritiene non più vigente la vecchia per totale
incompatibilità;
b) l'abrogazione per rinnovazione di
materia, nel qual caso l'operatore applica il nuovo atto e scarta come non più
vigenti i precedenti atti o parti di atti che regolavano la stessa materia;
c) la deroga implicita;
d) l'integrazione tacita (ad es.: un
certo beneficio spettava ad a e b; una nuova disposizione, senza far menzione
della precedente disposizione, prescrive che lo stesso beneficio spetti a c).
(28) Ad es.: se l'articolo k della l. z imponeva un certo obbligo
x a tutti i soggetti rientranti nella classe A, e il legislatore vuole imporre
un obbligo z ad alcuni soltanto dei soggetti che rientrano nella classe A,
fermo restando l'obbligo x per tutti gli altri, la deroga testuale, introdotta
con un nuovo atto, si presenta così: "l'articolo k della l. z è sostituito
dal seguente: Tutti i soggetti A hanno l'obbligo x, ad eccezione (o tranne, o
esclusi, o espressioni simili) dei soggetti B che hanno l'obbligo z".
(29) Ad esempio, se l'art. x della legge y ha
abrogato la legge w, che si vuole far rivivere con effetto ex tunc, si potrà
dire: "L'art. x della legge y è abrogato con effetto dalla data di entrata
in vigore della legge y. A decorrere dalla medesima data vige nuovamente la
legge w." Se invece la si vuole far rivivere con effetto ex nunc si potrà
dire: "L'art. x della legge y è abrogato. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge vige nuovamente la legge w."